35 ANNI FA LO STATO ITALIANO RICONOSCEVA E CONDANNAVA PER LA PRIMA VOLTA L’ESISTENZA DI “COSA NOSTRA” IN UN’AULA DI TRIBUNALE.

il Contesto storico
Siamo a Palermo, primi anni ottanta, in città imperversa la seconda guerra di mafia. Al vertice di Cosa Nostra è in atto una guerra civile, una sorta di golpe; il clan dei Corleonesi (capeggiato da Totò Riina, Bernardo Provenzano e Leoluca Bagarella) vuole avere l’intero controllo della Commissione, l’organo “esecutivo-decisionale” di Cosa Nostra, e dei nuovi narcotraffici che interessano la Sicilia e l’Italia.
Nel 1981 i Corleonesi uccidono i due dei maggiori esponenti della mafia palermitana, Stefano Bontate e Salvatore Inzerillo. Tra il 1981 e il 1984 centinaia di familiari e membri del clan palermitano vengono uccisi, inizia l’egemonia di Totò Riina e i suoi.
Negli stessi anni, parallela alla guerra tra clan, Cosa Nostra porta avanti la guerra allo Stato iniziata nel decennio precedente con i primi delitti “eccellenti”: membri delle forze dell’ordine, magistrati e politici.
Nel 1980 viene assassinato il presidente della Regione Sicilia Piersanti Mattarella.
Nel 1982 vengono assassinati il segretario del PCI Pio La Torre e il generale Carlo Alberto dalla Chiesa.
La risposta della giustizia a queste morti? Il pool antimafia.
Il pool antimafia

L’idea è del magistrato Rocco Chinnici. Formare una squadra di magistrati istruttori dedita a inchieste e indagini di solo stampo mafioso. Membri della squadra anche i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Incomincia un’indagine sulla guerra di mafia in corso, sul clan dei Corleonesi, su gli omicidi Mattarella, La Torre, dalla Chiesa… la reazione di Cosa Nostra?
Il 29 luglio 1983, il giudice Chinnici muore investito dall’esplosione di un’autobomba davanti alla sua abitazione insieme a due uomini della scorta, unico superstite l’autista (qui protagonista di un episodio di Caro Marziano di PIF). Il suo posto, a capo del pool, viene preso dal giudice Antonino Caponnetto.
La svolta arriva nel 1984; contemporaneamente alle nuove indagini, basate sugli accertamenti bancari e patrimoniali, si affianca il fenomeno del pentitismo. Diventano collaboratori di giustizia Tommaso Buscetta e Salvatore Contorno, entrambi fra i massimi esponenti della mafia palermitana. Grazie alle loro dichiarazioni e al giudice Falcone si scopre l’organigramma, la struttura e la storia recente della mafia siciliana e vengono eseguiti circa i due terzi dei 493 mandati di cattura emessi.
Il 1985 è l’anno in cui si prepara il Maxiprocesso a Cosa Nostra. Vengono raccolte dichiarazioni da nuovi pentiti, si costruisce nel complesso del carcere Ucciardone un’apposita aula bunker in grado di resistere a qualsiasi tipo di attacco e infine il giudice Caponnetto depone la “Ordinanza-sentenza contro Abbate Giovanni + 706”, che istituisce il Maxiprocesso.
DAL PRIMO GRADO ALLA SENTENZA DELLA cORTE DI CASSAZIONE (1986-1992)

Il 10 febbraio 1986 inizia il Maxiprocesso di Palermo; per evitare la scadenza degli ordini di custodia cautelare di una parte degli imputati, il giudice Alfonso Giordano (presidente della prima corte di Assise di Palermo), decide di far celebrare il processo ogni giorno ininterrottamente, fatta eccezione per alcuni sabati e la domenica.
Momenti chiave del processo sono i confronti fra i pentiti e gli imputati (celebre quello di Buscetta con Pippo Calò, il cassiere di Cosa Nostra).
Il 16 dicembre viene letta la sentenza di primo grado. I giudici dopo 349 udienze, 1314 interrogatori (qui i filmati RAI che documentarono l’intero andamento del processo) e 35 giorni di camera di consiglio emanano pene detentive per un totale di 2665 anni, ridotti a 1576 nella sentenza di secondo grado, a causa del mancato riconoscimento della componente mafiosa in molti dei delitti “eccellenti”.
“Ammazza sentenze”, è il soprannome del giudice Corrado Carnevale che presiede la prima sezione della Cassazione, noto per aver annullato (per vizi di forma) numerose sentenze nei processi di Mafia. La paura di Giovanni Falcone è che l’esito del Maxiprocesso venga affidato alla sezione di Carnevale. Idea di Falcone: per i processi di Mafia i giudici che presiedono le sezioni di Cassazione vengono scelti a rotazione. L’esito del processo cade così nelle mani del giudice Arnaldo Valente.
30 gennaio 1992, in Cassazione tutte le condanne vengono riconfermate e chi era stato precedentemente assolto ora è rinviato a nuovo giudizio.
La risposta di cosa nostra
Nel 1992, in risposta alla sentenza del Maxiprocesso, Cosa Nostra uccide prima il deputato della DC Salvo Lima (marzo), il proprio referente politico; poi con le stragi di Capaci (maggio) e via d’Amelio (luglio) muoiono Falcone e Borsellino e i loro uomini della scorta.

Nel 1993, Cosa Nostra decide di attaccare lo Stato con le bombe di Firenze, Roma e Milano (10 vittime) e fallisce un attentato allo stadio Olimpico di Roma. Gli effetti di queste stragi?
Un ristretta cerchia di uomini dello Stato e di ufficiali dei carabinieri tenta di aprire un dialogo con Cosa Nostra per porre fine alla “stagione stragista” in cambio di un “allentamento” nella lotta alla Mafia;
inizia la trattativa Stato-mafia.