10 FEBBRAIO 1986. INIZIA IL MAXIPROCESSO DI PALERMO

 35 ANNI FA LO STATO ITALIANO RICONOSCEVA E CONDANNAVA PER LA PRIMA VOLTA L’ESISTENZA DI “COSA NOSTRA” IN UN’AULA DI TRIBUNALE.

il Contesto storico

Sia­mo a Paler­mo, pri­mi anni ottan­ta, in cit­tà imper­ver­sa la secon­da guer­ra di mafia. Al ver­ti­ce di Cosa Nostra è in atto una guer­ra civi­le, una sor­ta di gol­pe; il clan dei Cor­leo­ne­si (capeg­gia­to da Totò Rii­na, Ber­nar­do Pro­ven­za­no e Leo­lu­ca Baga­rel­la) vuo­le ave­re l’intero con­trol­lo del­la Com­mis­sio­ne, l’organo “ese­cu­ti­vo-deci­sio­na­le” di Cosa Nostra, e dei nuo­vi nar­co­traf­fi­ci che inte­res­sa­no la Sici­lia e l’Italia. 

Nel 1981 i Cor­leo­ne­si ucci­do­no i due dei mag­gio­ri espo­nen­ti del­la mafia paler­mi­ta­na, Ste­fa­no Bon­ta­te e Sal­va­to­re Inze­ril­lo. Tra il 1981 e il 1984 cen­ti­na­ia di fami­lia­ri e mem­bri del clan paler­mi­ta­no ven­go­no ucci­si, ini­zia l’egemonia di Totò Rii­na e i suoi.

Negli stes­si anni, paral­le­la alla guer­ra tra clan, Cosa Nostra por­ta avan­ti la guer­ra allo Sta­to ini­zia­ta nel decen­nio pre­ce­den­te con i pri­mi delit­ti “eccel­len­ti”: mem­bri del­le for­ze dell’ordine, magi­stra­ti e poli­ti­ci.

Nel 1980 vie­ne assas­si­na­to il pre­si­den­te del­la Regio­ne Sici­lia Pier­san­ti Mat­ta­rel­la.

Nel 1982 ven­go­no assas­si­na­ti il segre­ta­rio del PCI Pio La Tor­re e il gene­ra­le Car­lo Alber­to dal­la Chie­sa.

La rispo­sta del­la giu­sti­zia a que­ste mor­ti? Il pool anti­ma­fia.

Il pool antimafia

L’idea è del magi­stra­to Roc­co Chin­ni­ci. For­ma­re una squa­dra di magi­stra­ti istrut­to­ri dedi­ta a inchie­ste e inda­gi­ni di solo stam­po mafio­so. Mem­bri del­la squa­dra anche i giu­di­ci Gio­van­ni Fal­co­ne e Pao­lo Bor­sel­li­no. Inco­min­cia un’indagine sul­la guer­ra di mafia in cor­so, sul clan dei Cor­leo­ne­si, su gli omi­ci­di Mat­ta­rel­la, La Tor­re, dal­la Chie­sa… la rea­zio­ne di Cosa Nostra? 

 Il 29 luglio 1983, il giu­di­ce Chin­ni­ci muo­re inve­sti­to dall’esplosione di un’autobomba davan­ti alla sua abi­ta­zio­ne insie­me a due uomi­ni del­la scor­ta, uni­co super­sti­te l’autista (qui pro­ta­go­ni­sta di un epi­so­dio di Caro Mar­zia­no di PIF). Il suo posto, a capo del pool, vie­ne pre­so dal giu­di­ce Anto­ni­no Capon­net­to. 

La svol­ta arri­va nel 1984; con­tem­po­ra­nea­men­te alle nuo­ve inda­gi­ni, basa­te sugli accer­ta­men­ti ban­ca­ri e patri­mo­nia­li, si affian­ca il feno­me­no del pen­ti­ti­smo. Diven­ta­no col­la­bo­ra­to­ri di giu­sti­zia Tom­ma­so Buscet­ta e Sal­va­to­re Con­tor­no, entram­bi fra i mas­si­mi espo­nen­ti del­la mafia paler­mi­ta­na. Gra­zie alle loro dichia­ra­zio­ni e al giu­di­ce Fal­co­ne si sco­pre l’organigramma, la strut­tu­ra e la sto­ria recen­te del­la mafia sici­lia­na e ven­go­no ese­gui­ti cir­ca i due ter­zi dei 493 man­da­ti di cat­tu­ra emes­si. 

Il 1985 è l’anno in cui si pre­pa­ra il Maxi­pro­ces­so a Cosa Nostra. Ven­go­no rac­col­te dichia­ra­zio­ni da nuo­vi pen­ti­ti, si costrui­sce nel com­ples­so del car­ce­re Ucciar­do­ne un’apposita aula bun­ker in gra­do di resi­ste­re a qual­sia­si tipo di attac­co e infi­ne il giu­di­ce Capon­net­to depo­ne la “Ordi­nan­za-sen­ten­za con­tro Abba­te Gio­van­ni + 706”, che isti­tui­sce il Maxi­pro­ces­so.

DAL PRIMO GRADO ALLA SENTENZA DELLA cORTE DI CASSAZIONE (1986-1992)

 Il 10 feb­bra­io 1986 ini­zia il Maxi­pro­ces­so di Paler­mo; per evi­ta­re la sca­den­za degli ordi­ni di custo­dia cau­te­la­re di una par­te degli impu­ta­ti, il giu­di­ce Alfon­so Gior­da­no (pre­si­den­te del­la pri­ma cor­te di Assi­se di Paler­mo), deci­de di far cele­bra­re il pro­ces­so ogni gior­no inin­ter­rot­ta­men­te, fat­ta ecce­zio­ne per alcu­ni saba­ti e la dome­ni­ca.

 Momen­ti chia­ve del pro­ces­so sono i con­fron­ti fra i pen­ti­ti e gli impu­ta­ti (cele­bre quel­lo di Buscet­ta con Pip­po Calò, il cas­sie­re di Cosa Nostra). 

Il 16 dicem­bre vie­ne let­ta la sen­ten­za di pri­mo gra­do. I giu­di­ci dopo 349 udien­ze, 1314 inter­ro­ga­to­ri (qui i fil­ma­ti RAI che docu­men­ta­ro­no l’intero anda­men­to del pro­ces­so) e 35 gior­ni di came­ra di con­si­glio ema­na­no pene deten­ti­ve per un tota­le di 2665 anni, ridot­ti a 1576 nel­la sen­ten­za di secon­do gra­do, a cau­sa del man­ca­to rico­no­sci­men­to del­la com­po­nen­te mafio­sa in mol­ti dei delit­ti “eccel­len­ti”. 

“Ammaz­za sen­ten­ze”, è il sopran­no­me del giu­di­ce Cor­ra­do Car­ne­va­le che pre­sie­de la pri­ma sezio­ne del­la Cas­sa­zio­ne, noto per aver annul­la­to (per vizi di for­ma) nume­ro­se sen­ten­ze nei pro­ces­si di Mafia. La pau­ra di Gio­van­ni Fal­co­ne è che l’esito del Maxi­pro­ces­so ven­ga affi­da­to alla sezio­ne di Car­ne­va­le. Idea di Fal­co­ne: per i pro­ces­si di Mafia i giu­di­ci che pre­sie­do­no le sezio­ni di Cas­sa­zio­ne ven­go­no scel­ti a rota­zio­ne. L’esito del pro­ces­so cade così nel­le mani del giu­di­ce Arnal­do Valen­te. 

30 gen­na­io 1992, in Cas­sa­zio­ne tut­te le con­dan­ne ven­go­no ricon­fer­ma­te e chi era sta­to pre­ce­den­te­men­te assol­to ora è rin­via­to a nuo­vo giu­di­zio.

La risposta di cosa nostra

 Nel 1992, in rispo­sta alla sen­ten­za del Maxi­pro­ces­so, Cosa Nostra ucci­de pri­ma il depu­ta­to del­la DC Sal­vo Lima (mar­zo), il pro­prio refe­ren­te poli­ti­co; poi con le stra­gi di Capa­ci (mag­gio) e via d’Amelio (luglio) muo­io­no Fal­co­ne e Bor­sel­li­no e i loro uomi­ni del­la scor­ta.

 Nel 1993, Cosa Nostra deci­de di attac­ca­re lo Sta­to con le bom­be di Firen­ze, Roma e Mila­no (10 vit­ti­me) e fal­li­sce un atten­ta­to allo sta­dio Olim­pi­co di Roma. Gli effet­ti di que­ste stra­gi?

Un ristret­ta cer­chia di uomi­ni del­lo Sta­to e di uffi­cia­li dei cara­bi­nie­ri ten­ta di apri­re un dia­lo­go con Cosa Nostra per por­re fine alla “sta­gio­ne stra­gi­sta” in cam­bio di un “allen­ta­men­to” nel­la lot­ta alla Mafia;

ini­zia la trat­ta­ti­va Sta­to-mafia.

Andrea Petroz­zi