
Dopo aver analizzato il suo libro “Un salto oltre quel muro”, quindi il suo pensiero, la sua malattia, il suo modo di approcciarsi ad essa, il rapporto con la famiglia, questa volta leggerete un’intervista rivolta alla scrittrice e protagonista del libro.
Quali sentimenti hai provato una volta scoperto il male? Qual è stata la prima cosa a cui hai pensato?
Un giorno qualunque, distesa sul lettino della stanza dell’ecografia, mi venne comunicato con certezza che avevo un cancro. E’ davvero difficile poter descrivere ciò che provai in quel preciso istante: ricordo di aver avvertito un cupo dolore trafiggermi lo stomaco, mi sentii in bilico sull’orlo di un precipizio. La mia mente venne subito trascinata in un tumulto di emozioni mai provate, sensazioni che mi allontanavano da ciò che stavo vivendo. Tutto intorno a me era celato, i pensieri si attorcigliavano e percepivo la realtà in modo ovattato. La prima persona a cui pensai fu mio figlio e a come avrei potuto dirgli che mi sarei dovuta sottoporre a delle cure pesanti. Di seguito, pensai alle persone che più amavo, e a come poterli tranquillizzare. Iniziò così il mio viaggio attraverso: ero certa che comprendere tutte quelle nuove sensazioni, saperle gestire, vivere, sarebbe stata la miglior cura. Iniziai quindi a vivere un tempo interiore intenso, dove prendevano il sopravvento ricordi, immaginazioni, attese e speranze, un tempo senza tempo, dove i giorni non avevano ore e le ore minuti. Mi muovevo in spazi sospesi, ricchi di immagini e sensazioni. Ed era proprio in quegli spazi che trovai il mio rifugio interiore, un luogo dove mio sentivo protetta, un posto nel quale riuscivo a sintonizzarmi con le emozioni dolorose provando un senso di distensione e conforto.
Nel libro racconti la condivisione del male, quanto ti ha aiutato sentirti compresa e non essere sola?
In questo difficile cammino ho avuto al mio fianco poche persone, proprio perché mi ero chiusa in me stessa, sentivo l’esigenza di restare sola per poter vivere appieno la mia interiorità. Solo a poche persone era concesso di rompere quel silenzio, perché loro erano capaci di accompagnarmi per mano, di capirmi, di consolarmi, di darmi la forza senza proferir parola. Ho sempre condiviso le mie emozioni con chi amavo, perché lì mi sentito protetta. Condividere mi ha aiutata ad accogliere il dolore come una profonda forza guaritrice.
Ci sono elementi, che prima ritenevi superficiali, ai quali ora dai maggiore importanza?
La mia vita prima della malattia era caotica, riempivo le mie giornate di impegni senza mai riuscire a trovare momenti da dedicare solo a me stessa. La malattia mi costrinse a fermarmi, a capire solo me stessa, una Francesca che non conoscevo più, a sbirciare negli angoli più nascosti del mio Io. Mi ritrovai d’improvviso lontana da quella vita precedente, ora riesco a godere delle piccole cose, a vivere l’oggi senza pensare al domani. Mi concedo degli spazi, dedico del tempo a ciò che mi fa star bene, do priorità alle semplici cose, e riesco a rallegrarmi di tutto ciò che ogni giorno riesco a fare.
Sappiamo che sei una grande donna e soprattutto una grande artista. Durante questo lungo periodo buio, quanto ti ha aiutato dipingere e scrivere poesie?
Nei momenti più bui, quando non riuscivo a gestire l’emotività, quando l’angoscia e la paura prendevano il sopravvento, tiravo fuori dalla mia borsa la mia agende verde, compagna di viaggio, e così iniziavo a scrivere, a buttar giù tutte quelle sensazioni che mi sovrastavano. Scrivere per me è stata la cura migliore, dare corpo alle emozioni trasformandole in parole mi ha aiutata a comprenderle e ad avvicinarmi a loro senza paura. Così come il colore passato sulla tela, maneggiare la punta morbida del pennello, gesti che mi portavano in posti lontani rispetto al mio vissuto, in quei luoghi di tranquillità. L’arte è un viaggio che può trasformare le paure più nascoste in energia esistenziale.
“Un salto oltre quel muro” è il tuo primo libro, hai già qualche altro progetto in mente
In realtà non avrei mai pensato di scrivere un libro, ma la voglia di poter aiutare chi come me si trovava ad affrontare un cammino così tortuoso, mi ha dato lo stimolo per iniziare. Un libro che spero possa essere uno strumento valido per tutte quelle donne che vogliono dar corpo a emozioni contrastanti. Non ho progetti imminenti, continuo però a scrivere e a dipingere; ma lo faccio per sognare, per convivere con tutte le emozioni dolorose che ancora oggi amano soggiornare nella mia interiorità, per accendere sempre la speranza e per vivere appieno ogni istante che questa splendida vita ci pone davanti. Amo assaporare quest’alternanza di emozioni che faranno, son certa, della mia vita un’esperienza ancora da scrivere.
Grazie a Francesca Vanchieri per essersi raccontata!
Un vissuto e difficile ma che va raccontato. La vita ci sorprende sempre anche nei momenti più bui.
Un grazie speciale ad Ylenia Gabriele per la sua grande professionalita e per aver contribuito al mio progetto.