Dammi un appuntamento, anche se è vietato
Al reparto sanitari, di un supermercato
Soli nel corridoio, per un bacio rubato
Per ricordarci che il mondo
Non è ancora finito
Quando la vita che siamo sempre stati abituati a vivere si ferma per qualche settimana diventa indubbiamente più facile accorgersi del valore di quella che eravamo soliti definire “la normalità”.

La routine che ci sembrava così monotona e ripetitiva la ricordiamo con una certa nostalgia dal momento che distinguere le giornate le une dalle altre nel periodo di lockdown alle volte si rivela una vera e propria impresa, come canta Lodo de Lo Stato Sociale con le parole “un giorno non so più se oggi è domenica” nel singolo Autocertificanzone, lanciato dal gruppo italiano per GarrinchaDischi/Island Record il 4 maggio, giorno di inizio della Fase 2.
Fin dalla sua composizione questo pezzo si rivela descrittivo di quello che è stato il periodo di Fase 1, infatti i membri del gruppo l’hanno realizzato a distanza, chi da Bologna, chi da Roma, mandandosi testi e tracce musicali, confrontandole, litigando per decidere e infine incidendo.
Come solito dei cantanti del cosiddetto genere indie (del quale ho parlato in modo più approfondito in un altro articolo QUI) il gruppo bolognese ha colto l’occasione per parlare di quotidianità e di esperienze condivise da gran parte degli ascoltatori, così mostrando la propria vicinanza al pubblico, soprattutto in un momento così particolare e spesso difficile quale è stato (e continua ad essere) quello del covid.
I divieti, le imposizioni, le famigerate autocerticazioni, l’Amuchina, i sintomi da coronavirus, il raffreddore, il coprifuoco, il reparto sanitari del supermercato (ambito quasi quanto gli scaffali di farina e lievito per la pizza) diventano nel corso della canzone veicoli per descrivere le incertezze, le difficoltà e le mancanze sentite nel corso della quarantena, con l’obiettivo, però, di portare una ventata di ottimismo e positività a tutti gli italiani costretti in casa.
La copertina stessa del singolo ricorda un momento tipico delle giornate di lockdown: quello delle videochiamate. Infatti si possono vedere i cinque membri del gruppo (Lodo, Albi, Carota, Bebo e Checco) immortalati in uno screen, con l’icona del microfono in basso a destra.
La canzone si propone, nella prima strofa, di descrivere quello che è stato il periodo di quarantena nei suoi alti e nei suoi bassi e nei diversi modi con cui tutti noi ci siamo trovati ad affrontarlo giorno per giorno (un giorno ce la faremo un giorno fine del mondo). Nella seconda strofa, invece, vengono espresse le prospettive e le speranze per il futuro post-covid, delle quali mi ha in particolar modo colpita la speranza o, per meglio dire, certezza di rinascere migliori (ci toccherà rinascere migliori).
Adesso però, che il lockdown in senso stretto è terminato e siamo tornati a frequentare amici e “congiunti” come prima del fatidico 22 di febbraio (seppur a distanza di sicurezza, muniti di mascherina, si spera, e di tonnellate di amuchina, a patto di averla trovata ancora disponibile), dunque la nostra vita sta facendo piccoli passi verso un ritorno alla normalità, una domanda sorge spontanea: siamo davvero rinati migliori?
Rebecca Spadone