Se esiste un brano che meglio di tutti può sintetizzare quello che è stato il Barocco in musica, si tratta probabilmente delle Variazioni Goldberg di J. S. Bach.
Riportate alla luce nell’Ottocento dopo un lungo oblio, esse costituiscono uno dei più alti esempi dell’arte occidentale e della poetica Barocca, e vennero immortalate nel Novecento in alcune delle più notevoli interpretazioni mai eseguite in musica classica, una su tutte quella – leggendaria – di Glenn Gould nel ’54.

Variazioni Goldberg - J.S. Bach
Si stenta a credere, quindi, quanto esigue siano le informazioni che possediamo in merito alla genesi dell’opera, a partire dal nome stesso. La prima fonte che ne fa menzione è il La vita, le opere e il genio di Johann Sebastian Bach, scritto da J. N. Forkel nel 1802, che riporta la testimonianza dei due figli più anziani di Bach, Carl Philip Emanuel e Wilhelm Friedemann:

G.Gould - J. S. Bach
«Per questa composizione […] siamo in debito con il Conte Keyserlingk, un tempo ambasciatore russo alla corte dell’Elettore di Sassonia, che spesso risiedeva a Lipsia, e portava con sé Goldberg, che ho menzionato sopra, per fargli prendere lezioni di musica da Bach. In cattiva salute, il Conte soffriva sovente d’insonnia, e Goldberg che viveva in casa sua doveva distrarlo, in simili occasioni, durante le ore notturne, suonando per lui in una stanza attigua alla sua. Una volta il Conte disse a Bach che gli sarebbe molto piaciuto avere da lui alcuni pezzi da far suonare al suo Goldberg, che fossero insieme delicati e spiritosi, così da poter distrarre le sue notti insonni. […]
Bach concluse che il miglior modo per accontentare questo desiderio fosse scrivere delle Variazioni, un genere che fino allora non aveva considerato con molto favore per via dell’armonia di base, sempre uguale. Sotto le sue mani, anche queste Variazioni divennero modelli assoluti dell’arte, come tutte le sue opere di quest’epoca. Il Conte prese a chiamarle, da allora, le “sue” Variazioni. Non si stancò mai di ascoltarle e, per lungo tempo, quando gli capitava una notte insonne, chiamava: “Caro Goldberg, suonami un po’ le mie Variazioni“. Mai Bach fu ricompensato tanto per un’opera come in questo caso: il Conte gli diede in dono un calice pieno di 100 Luigi d’oro. Ma tale opera d’arte non sarebbe stata pagata adeguatamente nemmeno se il premio fosse stato mille volte più grande»
La fregatura è che con ogni probabilità tutto questo è falso. Sul frontespizio della prima edizione dell’opera non v’è alcuna dedica o menzione al tale conte Keyserlingk, che sarebbe stata doverosa all’epoca di Bach, e il tale Goldberg di cui parla il testo era ai tempi quattordicenne, troppo giovane per eseguire un’opera di simile complessità. A illuminare la questione dell’origine del nome è però il riferimento ai 100 Luigi d’oro, una somma davvero notevole per l’epoca, alla luce del fatto che il tedesco “Goldberg” si traduce in italiano letteralmente come “montagna d’oro”.
Variazioni Goldberg - J.S. Bach -
Ma ben più affascinante dell’origine del nome è senz’altro la grandiosa architettura matematica e musicale ideata da Bach. Nel suo complesso, l’opera consiste di 32 brani: un’Aria – che introduce il tema principale – 30 variazioni sul medesimo tema e la stessa Aria ripetuta da capo a chiudere il ciclo. 30 è il prodotto di 3 – numero che simboleggia la perfezione – e 10 – numero sinonimo di completezza – a ribadire l’immagine di un cerchio, figura geometrica completa e perfetta. Esaminando da vicino i 32 brani, si nota che riprendono tutti la linea di basso dell’Aria – lunga 32 battute – e che sono a loro volta lunghi 16 o 32 battute; unica eccezione è la variazione numero 16, composta di 48 battute (16+32), che costituisce il centro di simmetria dell’opera. Ogni terza Variazione è un Canone, con due voci che si inseguono uguali a distanze crescenti, all’unisono, alla seconda, alla terza e così via. Ancora, nella maggior parte dei casi l’indicazione di tempo è di tre battiti per misura, mentre più raramente appare l’indicazione di due battiti per misura; facendo il calcolo, ci si accorge che il rapporto delle frequenze è quasi esattamente di 3/2.
Dalla leggenda del conte insonne che trovava conforto nelle sue Variazioni è nato uno dei lavori più grandiosi dell’arte europea, che si inserisce in quella antichissima tradizione che ha sempre indissolubilmente legato la musica ai moti dell’animo, dai pitagorici a Orfeo ed Euridice, fino agli studi di Leibniz sull’armonia e alla moderna musicoterapia. L’unione di estetica e terapeutica ha sempre trovato nella musica una delle sue più valide sintesi, e le Variazioni Goldberg ne rappresentano forse uno dei più fulgidi esempi.