Lo Sbagliato nasce in una serata di ottobre un po’ triste nel molto triste centro di Lodi. Come tutte le cose belle e un po’ strane, abbiamo deciso tutto quella sera, siamo andati a casa tutti felici e quando ci siamo svegliati ci siamo accorti che ci mancava un nome. Ci siamo stati su due mesi buoni. Poi durante una notte insonne passata tra partite di poker e birre vuote l’idea è arrivata e siamo partiti.
Lo Sbagliato, quindi. Dei tanti sinonimi che suggerisce la Treccani, ci piace molto quello di “non adatto al momento”, perché è quello che meglio ci rappresenta e quello che vogliamo essere. Lo Sbagliato è innanzitutto reazione a un clima che scoraggia con tanta forza le voci, le diverse voci, di cui oggi abbiamo bisogno così disperatamente; è un progetto, nato perché si riesca a portare avanti l’idea di un giornalismo nuovo, che sappia raccontare e coinvolgere, ma con rigore e senza approssimazione. È un megafono, per chi ha qualcosa da dire e non ne ha mai avuto davvero l’occasione, una sfida per chi vuole mettersi alla prova e un rifugio, per chi ha bisogno di uno spazio per raccontarsi.
Quando per la prima volta abbiamo messo nero su bianco l’idea di un giornale scritto da giovani per giovani, ci si è posto subito il problema di cosa scrivere, di individuare quegli argomenti che potessero essere più adatti a un pubblico di nostri coetanei. Presto però ci siamo resi conto che quella non era la strada giusta, e che il punto non era tanto elaborare una selezione di quali aspetti del vissuto fossero più interessanti o più appetibili, quanto quello di offrire un nuovo punto di vista, una nuova angolazione da cui guardare a quello che succede intorno a noi, senza però mai arrivare a prenderci troppo sul serio; nasce così lo Sbagliato, un diario minimo per osservare e capire con occhi diversi, occhi sbagliati, il presente, i suoi miti e le sue logiche.