COSA SI CELA DIETRO A UN PERSONAGGIO?

CARATTERE è una paro­la dai mil­le signi­fi­ca­ti; trat­to distin­ti­vo, pro­prie­tà di un ente, sim­bo­lo gra­fi­co. Quel­lo che più mi affa­sci­na e che rias­su­me tut­ti gli altri è IMPRONTA.
Imma­gi­no il carat­te­re come un segno lascia­to sul­la sab­bia, che sva­ni­sce all’arrivo dell’onda. Ciò che si mostra agli altri, qua­si in modo ine­vi­ta­bi­le, e che non lascia mai una trac­cia peren­ne, per­ché rima­ne sem­pre den­tro di noi.  

Il carat­te­re è qual­co­sa che ognu­no pos­sie­de, ma che solo in pochi san­no inter­pre­ta­re.
Tra que­sti ci sono colo­ro che stan­no sul pal­co, die­tro il sipa­rio, aspet­tan­do di dare vita al pro­prio per­so­nag­gio.
Nel tea­tro si par­la di carat­te­riz­za­zio­ne per indi­ca­re il modo in cui un atto­re inter­pre­ta un ruo­lo lascian­do la pro­pria impron­ta e per far­lo al meglio deve esse­re atten­to ad ogni det­ta­glio.

COME SI MOSTRA IL CARATTERE?

Par­tia­mo dal­la voce, dimen­ti­can­do­ci per un atti­mo le paro­le inci­se nel copio­ne. Il siste­ma voca­le infat­ti rien­tra nel­la comu­ni­ca­zio­ne non ver­ba­le se si con­si­de­ra il tono, l’intensità e il tem­po. Ser­ve modu­la­zio­ne quan­do si reci­ta, non basta cono­sce­re le bat­tu­te a memo­ria. Que­sto per­ché la voce non espri­me solo con­cet­ti, ma anche emo­zio­ni e non è da sot­to­va­lu­ta­re. Bisbi­glia­mo se sia­mo tri­sti, can­tia­mo per espri­me­re feli­ci­tà, usia­mo una voce sot­ti­le per la pau­ra e una mar­ca­ta per la rab­bia.

Essen­zia­le per gli atto­ri è il siste­ma cine­si­co, l’insieme dei movi­men­ti di cor­po, vol­to e sguar­do. Essen­zia­le per­ché il pub­bli­co osser­va i per­so­nag­gi anche quan­do sono in silen­zio. Se la rego­la d’oro per impa­ra­re a reci­ta­re è eser­ci­tar­si allo spec­chio, il moti­vo è pro­prio l’importanza che assu­me il lin­guag­gio del cor­po. È neces­sa­rio cali­bra­re i gesti, sta­re atten­ti alla postu­ra e all’andamento, mostra­re l’intensità del­lo sguar­do anche a chi si tro­va in ulti­ma fila. Si può dire quin­di che il tea­tro inse­gna a lasciar­si anda­re cau­ta­men­te, restan­do sem­pre vigi­li.  

COME SI INTERPRETA UN PERSONAGGIO?

Non esi­ste una
rispo­sta pre­ci­sa a que­sta doman­da, ma diver­si sti­li di inse­gna­men­to.
Uno di essi è il meto­do Sta­ni­sla­v­skij, tec­ni­ca basa­ta sull’approfondimento psi­co­lo­gi­co del ruo­lo e sul­la somi­glian­za tra l’interiorità del
per­so­nag­gio e quel­la dell’attore. La paro­la chia­ve secon­do il regi­sta rus­so è “imme­de­si­ma­zio­ne”, otte­nu­ta da un’analisi
pre­ci­sa del­le emo­zio­ni. Fon­da­men­ta­le inol­tre il sot­to­te­sto, ovve­ro l’implicito del­lo scrit­to dram­ma­tur­gi­co, ciò che sta die­tro le paro­le.

Al con­tra­rio, il meto­do Bre­cht si fon­da sul con­cet­to di “stra­nia­men­to”, negan­do la tota­le tra­sfor­ma­zio­ne con il sog­get­to e stu­dian­do­lo dall’esterno. L’obiettivo diven­ta evi­den­zia­re la rap­pre­sen­ta­zio­ne in sé, in par­ti­co­la­re la sua arti­fi­cio­si­tà attra­ver­so una reci­ta­zio­ne esa­ge­ra­ta; insom­ma mostra­re un tea­tro tra­spa­ren­te.  

Quin­di se con l’immedesimazione lo spet­ta­to­re era espo­sto ai sen­ti­men­ti sug­ge­ri­ti dal­la sce­na, con il tea­tro epi­co di Bre­cht il pub­bli­co man­tie­ne l’attenzione e non si lascia tra­spor­ta­re del tut­to.  

Le tec­ni­che di reci­ta­zio­ne non fini­sco­no qui, ce ne sono mol­te, mol­tis­si­me altre. Stra­de diver­se che por­ta­no ad un uni­co tra­guar­do: tra­smet­te­re emo­zio­ni.
Vic­tor Hugo dice­va che il tea­tro non è il pae­se del rea­le, ma il pae­se del vero. Dopo tut­to ave­va ragio­ne, per­ché die­tro quei per­so­nag­gi, die­tro quel­le masche­re invi­si­bi­li ci sono cuo­ri che bat­to­no, ci sono carat­te­ri auten­ti­ci che pos­so­no esse­re “inter­pre­ta­ti” solo da chi li pos­sie­de.