1301-1321: L’esilio, gli ultimi anni di vita e la morte di Durante di Alighiero degli Alighieri, in arte Dante.

L’inizio dell’esilio (1304-1310)
Se da cittadino ricopriva la più alta carica fiorentina, anche da esule copre la più alta delle cariche, è comandante dell’esercito degli esuli. Dopo numerosi tentativi (fallimentari) diplomatici e uno anche militare, la battaglia di Lastra, Dante è costretto ad accettare l’idea che non rivedrà mai più la sua Firenze. Dopo un breve soggiorno romagnolo, il Poeta si stabilisce nella Lunigiana ospite di Moroello Malaspina. Qui, in qualità di procuratore plenipotenziario, nel 1306 negozia la pace fra i Malaspina e il vescovo di Luni. Invitato dai conti Guidi, nel 1307, si trasferisce nel Casentino.

Ghibellin fuggiasco (1310-1313)
La sua famiglia era guelfa, lui era guelfo, era stato esiliato in quanto guelfo. Qual è una delle poche certezze che si hanno su Dante? Che fosse guelfo. A confondere questa verità assoluta ci ha pensato Ugo Foscolo, nel 1807, nei Dei sepolcri (vv 173-174).
«E tu prima, Firenze, udivi il carme
Che allegrò l’ira al Ghibellin fuggiasco.»
Da guelfo esule a ghibellino fuggiasco. Come? La risposta si trova nell’anno 1310; Dante si trova a Forlì quando viene a sapere della discesa in Italia di Enrico VII. Nell’arrivo dell’imperatore vede la speranza di poter tornare a Firenze, la fine dell’anarchia sulla penisola italiana e lo stabilimento di un nuovo ordine sotto un unico potere, quello imperiale. Sono questi infatti gli anni in cui viene composto il De Monarchia.
Le speranze di Dante muoiono il 24 agosto 1313, con la morte improvvisa dell’imperatore.
(1312-1318) Prima Verona…
È proprio uno dei ghibellini più fedeli all’impero ad offrire a Dante e ai suoi figli ospitalità presso la sua corte veronese, Cangrande della Scala. L’epistola XIII dimostra quanto sia forte il legame fra il poeta e il signore di Verona, Dante dedica a Cangrande l’intera cantica del Paradiso e nel XVII canto, nei panni del suo trisavolo Cacciaguida, elogia e ringrazia la famiglia dalla Scala.
…Infine Ravenna (1318-1321)
Non si sa per quale motivo, ma nel 1318 Dante lascia l’amico Cangrande per Guido Novello da Polenta, signore di Ravenna. Il suo ultimo incarico ufficiale è di ambasciatore politico, viene mandato a Venezia. Guido Novello vuole che interceda per lui al senato veneziano. Deve evitare che la città lagunare si allei con Forlì per dichiarare guerra a Ravenna. La missione ha successo, il poeta può tornare a “casa”.
Sulla strada del ritorno, nelle paludosi Valli di Comacchio,

Dante contrae la malaria.
Muore a Ravenna la notte fra il 13 e il 14 settembre 1821.
E qui verrà sepolto.
«I diritti della monarchia, gli dei superni e la palude del Flegetonte visitando cantai finché volle il destino. Poiché però l’anima andò ospite in luoghi migliori, ed ancor più beata raggiunse tra le stelle il suo Creatore, qui sta racchiuso Dante, esule dalla patria terra, che generò Firenze, madre di poco amore.»
(Epigrafe sul sarcofago del poeta, scrittore e politico italiano Durante di Alighiero degli Alighieri, in arte Dante)