demons-and-wizards-III-Recensione

Demons & Wizards – III

Ave­vo gran­di aspet­ta­ti­ve quan­do ho sen­ti­to del nuo­vo album dei Demons & Wizards, ma dopo che se ne era­no suc­ces­si­va­men­te per­se le trac­ce devo ammet­te­re che ormai non ci spe­ra­vo più.

Ovvia­men­te la voce di Han­si Kür­sch rima­ne sem­pre da bri­vi­di e Jon Schaf­fer è, come al soli­to, un mago del­la chi­tar­ra, ma devo ammet­te­re che l’album ha delu­so le aspet­ta­ti­ve.

Pro­ba­bil­men­te, se voglia­mo sape­re come inter­pre­ta­re que­sto album, la rispo­sta sta nel­le pre­mes­se di que­sto pro­get­to: come rac­con­ta Schaf­fer, il pro­get­to nasce da una sbron­za post con­cer­to (e già qui abbia­mo det­to tut­to).

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Demons & Wizzards - Hansi Kürsch - Jon Schaffer

“Un gior­no ero in han­go­ver sul suo diva­no, ho ini­zia­to a strim­pel­la­re del­le cose sul­la chi­tar­ra, Han­si a can­tic­chiar­ci sopra qual­co­sa: ci sia­mo guar­da­ti e ci sia­mo det­ti che suo­na­va bene, non era nien­te male. Allo­ra sia­mo anda­ti nel­lo stu­dio dei Blind Guar­dian e abbia­mo scrit­to e regi­stra­to “My Last Sun­ri­se”. A quel pun­to ci sia­mo chie­sti <<E ora cosa ci fac­cia­mo con que­sta?>>”

L’unico sco­po dei Demons & Wizards è quin­di di segui­re pura­men­te la voca­zio­ne arti­sti­ca dei due ami­ci che dopo qua­si trent’anni di suc­ces­si con le loro band ori­gi­na­rie han­no volu­to rita­gliar­si un pic­co­lo spa­zio per­so­na­le. Già que­sto baste­reb­be a chiu­de­re il com­men­to dell’album e a con­si­gliar­vi di ascol­tar­lo solo se vi pia­ce le voce di Han­si o il sex appeal di Schaf­fer.

Sapen­do che era in lavo­ra­zio­ne dal 2011 ho spe­ra­to che ci fos­se qual­che ine­vi­ta­bi­le influs­so del super­bo At the Edge of Time dei Blind Guar­dians rila­scia­to nel 2010, ed in effet­ti la pri­ma trac­cia, Dia­bo­lic, fa ben spe­ra­re, ma nul­la a che vede­re con trac­ce più dina­mi­che come A voi­ce in the dark.

La mag­gior par­te del­le trac­ce scor­ro­no bene, alcu­ne in sti­le Blind Guar­dians come Invin­ci­ble ed altre in sti­le Iced Earth come Wol­ves in Win­ter. Irrom­po­no però a metà album trac­ce come Final War­ning Midas Disea­se che, nono­stan­te l’attento song­w­ri­ting ed il sapien­te uso del­le voci, non rie­sco­no a ren­de­re del tut­to, facen­do venir voglia di skip­pa­re avan­ti.

Insom­ma, l’album è un misto di trac­ce discre­te, ma che per lo più risul­ta­no un boc­co­ne dif­fi­cil­men­te dige­ri­bi­le. Nono­stan­te que­sto, gra­zie all’esperienza plu­ri­de­cen­na­le dei due ami­ci, si piaz­za a mani bas­se in diver­se clas­si­fi­che a livel­lo mon­dia­le.

La chiu­su­ra dell’album è affi­da­ta alla trac­cia Chil­dren of Cain, deci­sa­men­te meri­te­vo­le e ric­ca di pez­zi inte­res­san­ti, sicu­ra­men­te non strut­tu­ra­ta per il gran­de pub­bli­co ma un puro sfo­go arti­sti­co dal­la dura­ta di die­ci minu­ti.