
La musica è una droga. Non sarà la prima volta che vi capita di sentire queste parole.
Tutti noi, in particolar modo noi giovani, riconosciamo nella musica una vera e propria compagna di vita. I nostri pezzi preferiti fanno da colonna sonora al film che racconta la nostra storia, con le note che variano a seconda della scena sullo schermo. Da quelle malinconiche e cupe dei momenti bui a quelle vivaci e gioiose dei periodi migliori.
Seppure la frase “la musica è una droga” venga spesso usata come una metafora proprio a simboleggiare il forte impatto che questa ha sulla nostra quotidianità, è stato recentemente scoperto che è possibile intenderla anche nel suo senso letterale.
Uno studio condotto da Costas Karageorghis, esperto di Sport, Health & Excercise Sciences della Brunel University di Londra, ha infatti dimostrato che l’effetto della musica sui partecipanti ad una competizione sportiva può influenzare i risultati, avvantaggiando coloro che ne usufruiscono. Lo studioso è giunto a tale conclusione in seguito ad un esperimento effettuato su 24 volontari ai quali era stato chiesto di percorrere 400 metri camminando. Una parte di loro avrebbe dovuto svolgere il tracciato ascoltando in cuffia la canzone “Happy” di Pharrell Williams, ad un secondo gruppo sarebbe stata trasmessa la voce di uno speaker radiofonico, mentre la restante parte di loro avrebbe camminato senza alcun suono di accompagnamento.
A tutti all’inizio della prova fu fatto indossare un casco affinché venisse rilevata la loro attività cerebrale e dunque tracciato l’encefalogramma durante il percorso. Gli esiti dell’esperimento hanno dimostrato che in presenza di musica l’umore dei partecipanti e le loro energie subiscono un netto miglioramento, mentre la voce dello speaker aumenta il grado di apprezzamento della passeggiata. A livello scientifico tale disposizione si traduce nella maggiore potenza delle onde beta (frequenze cerebrali elevate che sorgono a seguito di una intensa attività neuronale) in presenza di musica, oltre ad un più consistente rilascio di dopamina, nonché l’ormone che innesca la produzione di endorfine ed ha come conseguenza il miglioramento dell’umore.

Proseguendo poi negli studi sul rapporto tra l’attività sportiva e l’ascolto di musica, Karageorghis ha messo a punto una serie di playlist che, in ragione dei bpm (battiti per minuto) e della melodia dei brani inclusi, conducono alla buona riuscita di una determinata fase dell’allenamento.
A detta dell’esperto nel corso del riscaldamento è consigliato ascoltare pezzi lenti che quindi non comportino un eccessivo sforzo da parte dei neuroni, mentre durante la competizione o la sessione di allenamento per ottenere risultati migliori si dovrebbe prediligere brani dal ritmo veloce e costante. Per quanto riguarda le prestazioni di lunga durata, Gianfranco Beltrami, specialista in Medicina dello Sport e vicepresidente nazionale della Federazione Medico Sportiva Italiana, afferma che la musica aiuta nel distrarre l’atleta dalla fatica fisica e psicologica che l’attività necessariamente comporta.
Simili studi hanno portato alla decisione, da parte di alcune federazioni sportive, di non permettere agli atleti l’ascolto di musica durante le competizioni. In Italia tra queste troviamo quella di ciclismo, triathlon e ciclismo paralimpico, mentre per quanto riguarda l’atletica leggera è possibile farlo se non vi sono premi in palio.
Anche tra gli atleti di alto livello è stato provato l’effetto della musica sulla performance. Federica Pellegrini, nuotatrice italiana vincitrice di medaglie d’oro olimpiche e mondiali, ha svelato di rilassarsi e prepararsi all’inizio delle competizioni con le musiche di “Fantasia” di Walt Disney, mentre Usain Bolt, che attualmente detiene il record mondiale sui 100 m, prima di gareggiare ascolta le sue canzoni preferite: “One Love” di Bob Marley, “Real Friends” di Christopher Martin ft Assassin and D Major e “My Life” di I-Octane.
Quando andrete in palestra la prossima volta (dpcm permettendo) o quando uscirete a correre nei 200 m intorno al vostro domicilio, sappiate che se decidete di indossare un paio di cuffiette e schiacciare play sulla homepage di spotify facendo partire il vostro pezzo preferito, per il vostro cervello non starete semplicemente ascoltando della musica, ma facendo uso di una sostanza che può, senza troppi problemi e sulla base di ricerche scientifiche, essere paragonata al doping.
Di Rebecca Spadone