è stata la mano di dio

È stata la mano di Dio – Sorrentino, Napoli e il Cinema.

La trama (con spoiler)


“È sta­ta la mano di Dio” è ambien­ta­to nel­la Napo­li degli anni ’80 e il pro­ta­go­ni­sta, alter ego di Sor­ren­ti­no, è Fabio Schi­sa (Filip­po Scot­ti): un ado­le­scen­te napo­le­ta­no appar­te­nen­te a una del­le fami­glie del­la Napo­li bene.

Fabio, che dagli ami­ci e dal­la fami­glia vie­ne chia­ma­to affet­tuo­sa­men­te Fabiet­to, è un ragaz­zo spen­sie­ra­to, gran­de tifo­so del Napo­li, con un note­vo­le inte­res­se nel cine­ma.

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È mol­to lega­to alla sua fami­glia, in par­ti­co­la­re ai suoi geni­to­ri, i coniu­gi Save­rio Schi­sa (Toni Ser­vil­lo) e Maria Schi­sa (Tere­sa Sapo­nan­ge­lo), e alla zia Patri­zia (Lui­sa Ranie­ri). Ma improv­vi­sa­men­te la sere­ni­tà di Fabio vie­ne squar­cia­ta quan­do un inci­den­te dome­sti­co gli por­ta via i geni­to­ri.

Scon­vol­to dall’accaduto, Fabio si ritro­ve­rà a fare i con­ti con una real­tà che sem­bra non ave­re ormai più alcun signi­fi­ca­to, riu­scen­do a tro­va­re nel cine­ma un nuo­vo sen­so di vita.

 

Il successo del film


È sta­ta la mano di Dio ha da subi­to riscos­so un enor­me suc­ces­so.

sorrentino

Oltre ad incas­sa­re 7 milio­ni di euro in Ita­lia, è sta­to pre­sen­ta­to in con­cor­so alla 78ª Mostra Inter­na­zio­na­le d’Arte Cine­ma­to­gra­fi­ca di Vene­zia, nel­la qua­le è sta­to pre­mia­to con il Leo­ne d’Argento – Gran Pre­mio del­la Giu­ria, il Pre­mio Mar­cel­lo Mastro­ian­ni per l’attore pro­ta­go­ni­sta Filip­po Scot­ti.

Oltre a ciò, il film è sta­to anche can­di­da­to ai Gol­den Glo­be e agli Euro­pean Film Award, ma soprat­tut­to rap­pre­sen­te­rà l’Italia agli Oscar 2022 nel­la cate­go­ria “miglior film stra­nie­ro”.

Il film è sta­to mol­to apprez­za­to anche da per­so­nag­gi di spic­co del cine­ma inter­na­zio­na­le, come ad esem­pio Robert De Niro. Il due vol­te pre­mio Oscar ha infat­ti scrit­to una let­te­ra a Sor­ren­ti­no nel­la qua­le elo­gia il suo film e para­go­na l’abilità del regi­sta par­te­no­peo di ritrar­re Napo­li all’abilità che Mar­tin Scor­se­seWoo­dy Allen han­no nel ritrar­re New York City nel­le loro ope­re.

 

La realtà è scadente


“È sta­ta la mano di Dio” rie­sce a rico­strui­re in manie­ra effi­ca­ce ciò che l’arrivo del cal­cia­to­re Die­go Arman­do Mara­do­na ha signi­fi­ca­to per il popo­lo napo­le­ta­no negli anni ’80 e in par­ti­co­la­re ciò che esso ha signi­fi­ca­to per il pro­ta­go­ni­sta.

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All’interno del film, le par­ti­te e le impre­se cal­ci­sti­che di Mara­do­na scan­di­sco­no i momen­ti del­la vita di Fabio ado­le­scen­te. E saran­no pro­prio que­ste a sal­var­gli la vita: rifiu­tan­do di anda­re con i suoi geni­to­ri nel­la casa vacan­za a Roc­ca­ra­so per poter vede­re il suo ido­lo gio­ca­re allo sta­dio, Fabio evi­ta di tro­var­si nel luo­go dove si con­su­me­rà la tra­ge­dia e di rima­ner­ne lui stes­so vit­ti­ma.

Dopo il lut­to, al con­tra­rio del fra­tel­lo Mar­chi­no (Mar­lon Jou­bert) che deci­de di affron­ta­re il dolo­re attra­ver­so lo sva­go, Fabio avver­te la neces­si­tà di un cam­bio net­to.

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Sarà il dia­lo­go con la zia Patri­zia, inter­na­ta in mani­co­mio, a smuo­ver­lo defi­ni­ti­va­men­te nel pren­de­re la deci­sio­ne di lascia­re Napo­li. La zia gli rive­la infat­ti del­le vio­len­ze subi­te dal mari­to, dell’aborto spon­ta­neo che i mal­trat­ta­men­ti le han­no cau­sa­to e del­la deci­sio­ne fina­le di far­si inter­na­re allo sco­po di sfug­gi­re da una vita oppri­men­te.

Altro dia­lo­go chia­ve è quel­lo con il regi­sta Capua­no (Ciro Capa­no), per­so­nag­gio al qua­le Fabio chie­de con­si­gli su come per­se­gui­re il suo sogno.

Fabio infat­ti è inten­zio­na­to a tra­sfe­rir­si a Roma per entra­re nel mon­do del cine­ma: come con­fes­sa a Capua­no, “La real­tà non mi pia­ce più, la real­tà è sca­den­te, per que­sto voglio fare il cine­ma”.
Tut­ta­via, il regi­sta esor­ta Schi­sa a non anda­re via. “Non ti disu­ni­re”, reci­ta in tono acces­so Capua­no, invi­tan­do Fabio a non lascia­re la cit­tà e anzi a sfrut­ta­re la sua bel­lez­za per poter rac­con­ta­re sto­rie attra­ver­so il cine­ma.

Ma il dolo­re di Fabio è trop­po pro­fon­do e nien­te rie­sce a far­gli cam­bia­re idea: “Quan­do sono mor­ti non me li han­no fat­ti vede­re”; è que­sta la fra­se che Fabio urla a Capua­no per far­gli capi­re qual è il vero dolo­re che por­te­rà sem­pre den­tro.

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Capia­mo per­ciò d’altra par­te qual è il pro­fon­do dolo­re che Sor­ren­ti­no ha sem­pre por­ta­to den­tro e che final­men­te, attra­ver­so il cine­ma, è riu­sci­to a tira­re fuo­ri, rega­lan­do­ci quel­la che for­se può esse­re con­si­de­ra­ta la sua miglio­re ope­ra fino­ra.


Ema­nue­le Pao­li­no