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House of Gucci: l’avidità come motore di distruzione di un nucleo famigliare – parte 1

Oggi­gior­no non c’è più nes­sun mem­bro del­la fami­glia Guc­ci all’interno del­la socie­tà Guc­ci”.

“Hou­se of Guc­ci”, l’ultimo film di Rid­ley Scott si con­clu­de con que­sta fra­se, che ne rias­su­me anche l’obiettivo nar­ra­ti­vo: lo sgre­to­la­men­to di un nucleo fami­glia­re. Que­sto sgre­to­la­men­to avver­rà a cau­sa dell’avidità mostra­ta, per­pe­tra­ta ed inse­dia­ta da Patri­zia Reg­gia­ni, man­dan­te dell’uccisione del mari­to Mau­ri­zio Guc­ci.

Sfor­tu­na­ta­men­te, però, il risul­ta­to mes­so in sce­na risul­ta delu­den­te. Per come la nar­ra­zio­ne è costrui­ta, non si capi­sce bene dove il film voglia anda­re a para­re e in che modo si vor­reb­be con­cen­tra­re sui per­so­nag­gi.

All’inizio sem­bra che il film si con­cen­tri in par­ti­co­la­re su Patri­zia Reg­gia­ni (Lady Gaga) e su come la sua avi­di­tà e il desi­de­rio di acqui­si­re uno sta­tus socia­le ele­va­to si evol­va­no, per poi crol­la­re in un bara­tro.

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Pur­trop­po, non c’è una vera immer­sio­ne nel­la psi­che del per­so­nag­gio, che pos­sa far­ci com­pren­de­re que­sti aspet­ti. Infat­ti, quan­do il rap­por­to tra i due ini­zia a dete­rio­rar­si, la nar­ra­zio­ne si spo­sta su Mau­ri­zio Guc­ci (Adam Dri­ver) e Patri­zia diven­ta mol­to più mar­gi­na­le.

L’idea potreb­be anda­re bene, se solo ci fos­se un vero inten­to nar­ra­ti­vo. Anche gli aspet­ti più lega­ti al per­so­nag­gio di Adam Dri­ver non per­met­to­no di capi­re vera­men­te ciò che pro­va. Man­ca un’analisi, una pro­fon­di­tà emo­ti­va, una cri­ti­ca, … Man­ca di sostan­za. Que­sta scel­ta di mes­sa in sce­na non fa otte­ne­re nul­la a livel­lo emo­ti­vo.

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Que­sto pro­ble­ma è evi­den­zia­to anche dal­la dire­zio­ne degli atto­ri. Si trat­ta di una vicen­da ita­lia­na reci­ta­ta da un cast ingle­se e, fino a qui, potreb­be anda­re tut­to bene, sem­pre che lo spet­ta­to­re lo sap­pia e vada oltre.

Il pro­ble­ma sor­ge quan­do tra i dia­lo­ghi in ingle­se, gli atto­ri pro­nun­cia­no paro­le in ita­lia­no, risul­tan­do for­za­ti e crean­do pro­ble­mi di cre­di­bi­li­tà ed immer­sio­ne. Il film è pie­no di que­sto gene­re di epi­so­di.

Il poten­zia­le di Adam Dri­ver non è sta­to inol­tre per nul­la sfrut­ta­to. In film come Sto­ria di un matri­mo­nio (2019), l’attore ha dimo­stra­to al gran­de pub­bli­co quan­to sia capa­ce e quan­to pos­sa tra­smet­te­re gra­zie alle sue espres­sio­ni fac­cia­li e cor­po­ra­li, ma in “Hou­se of Guc­ci” tale capa­ci­tà non vie­ne mai sfrut­ta­ta.

(con­ti­nua set­ti­ma­na pros­si­ma)

Jaco­po Grep­pi