jukebox

Il Jukebox

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A quanti di voi è capitata la seguente scena?

Vai a spen­de­re qual­che lira ai cabi­na­ti del­le sale gio­chi, o a dimo­stra­re all’amico che nel cal­cio­ba­lil­la di quel bar di fidu­cia tu sei il miglio­re. Ma l’atmosfera va sur­ri­scal­da­ta con quel­la can­zo­ne che ti dia l’energia adat­ta a supe­ra­re il livel­lo di Metal Slug o a vin­ce­re sen­za rul­la­re a biliar­di­no. Allo­ra anda­te a met­te­re 50 lire al Juke­box e sce­glie­te la can­zo­ne per­fet­ta tra i vari CD che pas­sa quel loca­le.

Sì, il Juke­box, quel­la mac­chi­na musi­ca­le che mol­ti di voi pro­ba­bil­men­te non han­no mai visto dal vivo, ma solo in qual­che film o serie tv come Grea­se e Hap­py Days.

Ma di pre­ci­so cos’è? Il Juke­box è un appa­rec­chio tec­no­lo­gi­co che ripro­du­ce bra­ni musi­ca­li. La ripro­du­zio­ne, però, avvie­ne al segui­to dell’inserimento di una mone­ta o di un get­to­ne, cosa che para­go­na­ta ai gior­ni d’oggi sem­bra deci­sa­men­te assur­da, ma biso­gna ren­der­si con­to che fino a una quin­di­ci­na d’anni fa, pri­ma dell’avvento dei geni­to­ri degli i-pod, ovve­ro i let­to­ri mp3, la musi­ca non era facil­men­te acces­si­bi­le come lo è oggi.

Ѐ vero, vi era­no let­to­ri CD por­ta­ti­li, i walk­man, le radio­li­ne, i let­to­ri ste­reo gia­mai­ca­ni (par­ti­co­la­ri per­ché pur essen­do di dimen­sio­ni non esat­ta­men­te tasca­bi­li, pote­va­no esse­re por­ta­ti in spal­la per la cit­tà) e altri appa­rec­chi di que­sto gene­re, ma la repe­ri­bi­li­tà del­la musi­ca era qual­co­sa di più dif­fi­ci­le di quan­to si pos­sa pen­sa­re. Se per esem­pio si ave­va un let­to­re CD por­ta­ti­le, ogni album era di un can­tan­te o di un grup­po spe­ci­fi­co, quin­di se si vole­va spa­zia­re gene­re musi­ca­le era obbli­ga­to­rio por­tar­si die­tro quan­ti più CD pos­si­bi­li.

Oggi, con appli­ca­zio­ni come Itu­nes o Spo­ti­fy, si può sce­glie­re il bra­no sin­go­lo da inse­ri­re nel­la pro­pria play­li­st ed ave­re sul pro­prio smart­pho­ne una scel­ta qua­si infi­ni­ta di musi­ca da ascol­ta­re. Inol­tre, gli appa­rec­chi por­ta­ti­li ave­va­no la limi­ta­zio­ne del­la ripro­du­zio­ne tra­mi­te cuf­fie e/o auri­co­la­ri, e que­sto ren­de­va impos­si­bi­le il poter ascol­ta­re la musi­ca in un luo­go pub­bli­co ad alto volu­me. Ed ecco per­ché dagli anni ‘30 fino ai pri­mi 2000, il Juke­box, pur essen­do a paga­men­to, fu così tan­to apprez­za­to e dif­fu­so in tut­to il mon­do.

Qual­cu­no però potreb­be dire: “Ma accen­de­re una radio nel loca­le?”. Cer­to, la radio era un mez­zo gra­tui­to ed era alla por­ta­ta di tut­ti, però non ti per­met­te­va di sce­glie­re il bra­no spe­ci­fi­co ed eri costret­to a segui­re un palin­se­sto radio­fo­ni­co spe­ci­fi­co, tra can­zo­ni varie, i pro­gram­mi degli spea­kers e la così tan­to dete­sta­ta pub­bli­ci­tà. Con il Juke­box, inve­ce, basta­va inse­ri­re quel­la mone­ta o quel get­to­ne e la can­zo­ne te la sce­glie­vi tu tra le pro­po­ste, pro­po­ste che non era­no cer­to limi­ta­te. Se si pren­de in esa­me il perio­do di fine anni ’90 e ini­zio 2000, nel­lo stes­so Juke­box si pote­va­no tro­va­re album come Hit Mania Dan­ce, Eif­fel 65, Tizia­no Fer­ro, Mar­co Masi­ni, Lin­kin Park e anche di più vec­chi come Bon Jovi, Euro­pe, Rena­to Zero. Come si può nota­re, inol­tre, la spa­zia­li­tà del­la musi­ca era deci­sa­men­te assor­ti­ta e non pre­fis­sa­ta in un sin­go­lo gene­re e/o can­tan­te. Anzi, nel Juke­box si pote­va­no ritro­va­re più gusti ed accon­ten­ta­re sia i più gran­di che i più pic­co­li.

Ma quando nasce? E quando ha il suo boom di popolarità?

Un pri­mo pro­to­ti­po di fono­gra­fo a mone­ta vie­ne pre­sen­ta­to nel 1890 col nome di Coin Actua­ted Atta­che­ment for Pho­no­gra­ph, ma è solo nel 1927 che la Ami, casa pro­dut­tri­ce di pia­no­for­ti auto­ma­ti­ci, bre­vet­ta il suo appa­rec­chio musi­ca­le ali­men­ta­to a mone­ti­ne.

Jukebox

Nel 1933 la Wur­li­tzer met­te in com­mer­cio quel­lo che a tut­ti gli effet­ti è un Juke­box e difat­ti nel 1936 riu­scì a ven­de­re cir­ca qua­ran­ta­mi­la pez­zi, record asso­lu­to. Que­sti appa­rec­chi era­no del­le vere e pro­prie sca­to­le di legno nel­la qua­le vi era­no dei siste­mi elet­tri­ci e mec­ca­ni­ci che per­met­te­va­no di sce­glie­re un vini­le e pog­giar­lo sul gira­di­schi. L’evoluzione tec­no­lo­gi­ca ha por­ta­to al cam­bio di mate­ria­li e qua­li­tà foni­che, ma in sostan­za il siste­ma rima­ne­va pres­so­ché ugua­le.

Il Juke­box difat­ti ebbe il suo boom di popo­la­ri­tà tra gli anni ’70 e ’80, gra­zie pro­prio all’evoluzione, musi­ca­le oltre che tec­no­lo­gi­ca, di quel perio­do. Basti pen­sa­re ai gran­di grup­pi inter­na­zio­na­li come i Led Zep­pe­lin, i Queen, i Van Halen, Bon Jovi (e mol­ti altri) che rag­giun­se­ro il pic­co ed entra­ro­no nel­la leg­gen­da pro­prio in quell’arco di tem­po.

La mag­gior par­te dei bar e dei loca­li pos­se­de­va un Juke­box. Ormai è diven­ta­to un pez­zo da col­le­zio­ne, ma esi­ste anco­ra qual­cu­no che per nostal­gia o per arre­do lo tie­ne espo­sto nel­la sua atti­vi­tà, o chi addi­rit­tu­ra se lo gusta nel­la pro­pria casa.

Chri­stian Dod­di del­la pagi­na Che­Hai­Ri­cac­cia­to