La bioluminescenza è un fenomeno spettacolare, molto diffuso nella biosfera. Non neghiamolo, rimaniamo ancora affascinati quando osserviamo le lucciole emettere i loro lampi colorati nelle sere estive, soprattutto perché è un fenomeno sempre più raro da vedere.

La maggior parte degli organismi bioluminescenti si trova nell’oceano: molti animali brillano nelle profondità delle acque, altri rendono scintillanti le onde marine, ma altri ancora si trovano sulla terraferma: un esempio è quello di alcuni funghi appartenenti al genere Mycena, che si possono osservare in Brasile ed in Giappone. All’interno di questo genere troviamo molte specie bioluminescenti, tipiche di ambienti umidi, che emettono diverse tonalità di colori.
Perché i funghi dovrebbero emettere bioluminescenza, quali sono i benefici che ne ricavano?
Non lo sappiamo con esattezza, ma esistono due diverse teorie: secondo la prima, la luce attirerebbe gli insetti che si riempirebbero delle spore del fungo e le disperderebbero (un po’ come fanno le api con il polline). Per la seconda, la luce servirebbe ad allontanare gli animali che si cibano di funghi, ed avrebbe quindi un significato difensivo.

LE FUNZIONI DELLA BIOLUMINESCENZA
In generale, la bioluminescenza è un meccanismo che può essere correlato a diversi fenomeni, i quali assumono un diverso significato. Vediamone alcuni.
SIGNIFICATO DIFENSIVO: molti animali, soprattutto marini, utilizzano la bioluminescenza per difendersi dagli attacchi dei predatori, un esempio è quello del calamaro vampiro (Vampyroteuthis infernalis), il quale emette un muco bioluminescente che confonde il predatore.
SIGNIFICATO OFFENSIVO: al contrario, alcune specie sfruttano la luce prodotta per attirare o cercare la loro preda. In questo caso pensiamo subito alla rana pescatrice (Cryptopsaras couesii), un pesce (sì lo so ho scritto rana perché viene chiamato così) reso famoso dal famoso film “Alla ricerca di Nemo”, che attira le sue prede con un’esca bioluminescente situata all’estremità di un filamento collegato alla testa. Possiede una testa sproporzionata rispetto il resto del corpo, che è caratterizzata da fauci spaventose ricche di denti affilati.
SIGNIFICATO ATTRATTIVO (RIPRODUZIONE): le lucciole utilizzano i segnali bioluminescenti per il corteggiamento, grazie alla luce emessa i maschi riescono a vedere le femmine anche da 15-20 m di distanza. Solitamente la luce è visibile perché gli ultimi segmenti addominali sono trasparenti ventralmente.
MIMETIZZAZIONE: per proteggersi dai predatori, molti animali sfruttano un meccanismo noto come “contro-illuminazione”. Gli squali, importanti cacciatori marini, predano guardando verso l’altro perché il riverbero del sole sull’acqua rende visibili le prede come delle sagome scure. Se l’animale bioluminescente (un esempio è il calamaro Abralia veranyi) emette la “sua” luce, sarà poco visibile, e di conseguenza avrà meno probabilità che uno squalo banchetti con i suoi resti.
APOSEMATISMO: sembra che alcune larve di lucciola utilizzino invece la luce che producono per indicare ai predatori la propria tossicità, in modo da proteggersi (anche in questo caso) dalla predazione.
Se vi interessa, potete osservare altri esempi di animali bioluminescenti in questo video di youtube:
Chimica
I meccanismi correlati all’emissione di luce in organismi anche molto diversi tra loro, sono molto diversificati, e per questo si pensa che si siano evoluti in modo indipendente secondo il fenomeno della convergenza evolutiva. Ad ogni modo, questi seguono un principio generale.
Il fenomeno della bioluminescenza è correlato all’esistenza di alcune molecole che, quando si ritrovano in uno stato elettronico “eccitato”, emettono fotoni per ritornare allo stato “fondamentale”, ovvero quello più stabile.
Nella maggior parte dei casi, la reazione chimica che si traduce in emissione di luce bioluminescente richiede due sostanze chimiche peculiari: la luciferina, il pigmento che emette la luce, e la luciferasi, un enzima catalizzatore. La luce viene prodotta grazie all’ossidazione della luciferina, che coinvolge una molecola di adenosintrifosfato (ATP), ed è catalizzata dall’enzima luciferasi.

Alcuni organismi bioluminescenti sintetizzano la luciferina da soli. Un esempio è il plancton bioluminescente, che produce una luce di colore verde-blu: è grazie all’azione di questi microrganismi se in alcune occasioni vediamo brillare l’acqua dell’oceano.
Altri, invece, non sono in grado di sintetizzare questo composto, e devono “sfruttare” l’azione di terzi. Molti animali marini, come il calamaro, ospitano batteri simbionti bioluminescenti in appositi organi.