Strappare lungo i bordi

La coscienza di Zero: l’armadillo di Strappare lungo i bordi

Basta cam­bia­re una let­te­ra a “La coscien­za di Zeno”, il tito­lo del più famo­so roman­zo di Ita­lo Sve­vo, e si ottie­ne un’altra coscien­za, quel­la di Zero(Calcare): un arma­dil­lo. In fon­do però que­sta coin­ci­den­za non è total­men­te pri­va di signi­fi­ca­to. Nel­la sto­ria di Zeno, così come in “Strap­pa­re lun­go i bor­di”, si par­la infat­ti di equi­li­bri rischio­si, di incer­tez­ze, si par­la di vita.

Strap­pa­re lun­go i bor­di è appro­da­ta su Net­flix da ormai più di un mese ma lascia anco­ra par­la­re di sé, for­se per­ché è una novi­tà asso­lu­ta tro­va­re i per­so­nag­gi del fumet­ti­sta Miche­le Rech sugli scher­mi del­la piat­ta­for­ma, o for­se per­ché è la pri­ma vol­ta che ci sen­tia­mo rap­pre­sen­ta­ti in modo così pre­ci­so.

I 6 epi­so­di del­la serie offro­no infat­ti un’accu­ra­ta foto­gra­fia di Mil­len­nials e Gen Z e dei pro­ble­mi con cui sono costret­ti a con­vi­ve­re tut­ti i gior­ni. Zero­cal­ca­re ci met­te di fron­te a una real­tà sen­za fil­tri, intri­ca­ta e den­sa di dif­fi­col­tà, e lo fa con una sem­pli­ci­tà disar­man­te.

Strappare lungo i bordi-2

 

L’ARMADILLO SECONDO ZEROCALCARE

Tut­ti si saran­no rico­no­sciu­ti alme­no una vol­ta nei discor­si di Zero, per­ché tut­ti si sono sen­ti­ti sba­glia­ti alme­no una vol­ta nel­la vita, tro­van­do­si a dover fare i con­ti con la pro­pria coscien­za e a ricer­ca­re il pro­ble­ma in sé stes­si. Non tut­ti però vedran­no il pro­prio io inte­rio­re come un arma­dil­lo cini­co che par­la in roma­no.

L’animale coraz­za­to che ha accom­pa­gna­to avven­tu­re, rifles­sio­ni e scel­te di Zero­cal­ca­re rap­pre­sen­ta pro­prio la sua coscien­za, una cas­sa di riso­nan­za per i suoi pen­sie­ri, spes­so inde­si­de­ra­ta ma del­la qua­le non può fare a meno. In cer­ti casi assu­me le sem­bian­ze di uno stra­te­ga che con fred­da razio­na­li­tà sug­ge­ri­sce pia­ni per sot­trar­si agli accol­li in modo effi­ca­ce; in altri è lui stes­so a (ri)portare ansie e para­no­ie che per un atti­mo era­no sta­te mes­se da par­te per lascia­re spa­zio alla leg­ge­rez­za.

L’armadillo che abbia­mo cono­sciu­to in Strap­pa­re lun­go i bor­di in real­tà esi­ste da tem­po e com­pa­re già nei pri­mi lavo­ri di Rech come una figu­ra che si affian­ca e si con­trap­po­ne a Zero, met­ten­do in evi­den­za le carat­te­ri­sti­che del per­so­nag­gio.

Ma chi è dav­ve­ro l’armadillo? Il fumet­ti­sta, in un’inter­vi­sta rila­scia­ta a Repub­bli­ca, rispon­de così: “Rap­pre­sen­ta la mia coscien­za, che ten­de a chiu­der­si su di sé. Ho una par­te inac­ces­si­bi­le e so di esser­ne anche mol­to gelo­so.”. L’animale che si rifu­gia nel­la coraz­za di fron­te ai peri­co­li risul­ta per­fet­to, sia per il suo carat­te­re estre­ma­men­te pro­tet­ti­vo, sia per la resi­sten­za alle avver­si­tà che lo ha por­ta­to ad aggi­ra­re le leg­gi dell’evoluzione attra­ver­san­do il tem­po. 

Armadillo Zerocalcare

 

L’ARMADILLO SECONDO I NATIVI AMERICANI

L’armadillo, al di fuo­ri dell’universo di Zero­cal­ca­re, por­ta con sé pro­fon­di signi­fi­ca­ti. È uno degli ani­ma­li totem dei nati­vi ame­ri­ca­ni e, secon­do una leg­gen­da india­na, sim­bo­leg­gia l’equilibrio nel pren­de­re deci­sio­ni e nel valu­ta­re qua­li espe­rien­ze affron­ta­re. Il mec­ca­ni­smo di dife­sa che lo carat­te­riz­za inse­gna a pren­de­re le distan­ze da situa­zio­ni poco chia­re e a fis­sa­re dei con­fi­ni, come quel­lo tra il den­tro e il fuo­ri.

L’armadillo si chiu­de quan­do si sen­te minac­cia­to per evi­ta­re un con­fron­to diret­to con gli osta­co­li che gli si pre­sen­ta­no davan­ti. Que­sta capa­ci­tà di lasciar­si alle spal­le ciò che vie­ne per­ce­pi­to come peri­co­lo­so è uti­le, ma non è sem­pre la solu­zio­ne miglio­re. La coraz­za infat­ti non deve diven­ta­re una bar­rie­ra e gene­ra­re dif­fi­den­za, ma piut­to­sto una pel­li­co­la leg­ge­ra e al tem­po stes­so resi­sten­te.

I pro­ble­mi che incon­tria­mo sul­la linea trat­teg­gia­ta che ci mostra Zero­cal­ca­re non sono altro che pos­si­bi­li devia­zio­ni dal per­cor­so. Di fron­te a que­sti impre­vi­sti (che se fos­se­ro pre­ve­di­bi­li non avreb­be­ro il pre­fis­so “-im”) ci si può chiu­de­re aspet­tan­do che pas­si­no da soli, ci si può adat­ta­re pro­se­guen­do sul trac­cia­to e ci si può por­re in modo da affron­tar­li e attra­ver­sa­re stra­de diver­se, ma non per que­sto meno giu­ste.

La meta­fo­ra del­lo “strap­pa­re lun­go i bor­di” rac­con­ta­ta nel­la serie mostra quan­to la vita sia imper­fet­ta e quan­to la per­fe­zio­ne sia impos­si­bi­le – e for­se anche inu­ti­le – da per­se­gui­re, per­ché rag­giun­gi­bi­le solo strap­pan­do pia­no, pia­no, seguen­do la linea a cui pen­sia­mo di esse­re desti­na­ti così che tut­to pos­sa pren­de­re la for­ma che “dovreb­be” ave­re.

Linea tratteggiata

In real­tà la vita è mol­to più di una linea trat­teg­gia­ta. È una con­ti­nua ride­fi­ni­zio­ne dei nostri bor­di, del­le stra­de da per­cor­re­re che si sovrap­pon­go­no a quel­le del­le altre per­so­ne. Zero­cal­ca­re ci aiu­ta così a riflet­te­re, facen­do­ci sen­ti­re meno soli, meno sba­glia­ti, facen­do­ci sen­ti­re sem­pli­ci fili d’erba che non por­ta­no il peso del mon­do sul­le spal­le. E for­se nel­la sua sto­ria ci rive­dia­mo bene, per­ché in fon­do sia­mo un po’ tut­ti cin­tu­ra nera di come se schi­va la vita.

Quin­to Dan.

Sofia Cic­cot­ta

Er mejo dell’armadillo.