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La musica è lo spazio tra le note – Debussy

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Tra i com­po­si­to­ri clas­si­ci del dician­no­ve­si­mo seco­lo uno dei nomi più impor­tan­ti è sicu­ra­men­te quel­lo di Clau­de Debus­sy: la sua musi­ca è incan­te­vo­le, è fat­ta da suo­ni che non si fer­ma­no alle orec­chie ma fan­no brec­cia nei cuo­ri, lascian­do incan­ta­to chiun­que abbia la for­tu­na di ascol­tar­lo.

La cor­ren­te arti­sti­ca in cui Debus­sy si iden­ti­fi­ca­va era il sim­bo­li­smo, tut­ta­via nel­la sua musi­ca c’è una for­te pre­sen­za dell’impres­sio­ni­smo, basti vede­re i tito­li del­le sue ope­re che spes­so si rifan­no al mon­do che ci cir­con­da. Nel­le sue com­po­si­zio­ni Debus­sy rie­sce a rap­pre­sen­ta­re qual­sia­si cosa come se il pen­ta­gram­ma fos­se una tela, ci por­ta sul­la riva di un lago a vede­re il suo rifles­so nell’acqua o a vede­re dan­za­re una bal­le­ri­na, ci rac­con­ta la sua Pari­gi o ci descri­ve il movi­men­to di un pesce.

Qual­sia­si cosa Debus­sy voles­se rap­pre­sen­ta­re ci riu­sci­va alla per­fe­zio­ne riu­scen­do a rac­con­ta­re qual­sia­si cosa col solo uso del­le dodi­ci note, e pro­prio per que­sto oggi vi par­le­rò di una del­le rac­col­te più bel­le che abbia mai scrit­to: “Ima­ges”

In que­sta rac­col­ta, divi­sa in due par­ti da tre pez­zi ognu­na, Debus­sy ci por­ta in giro per il mon­do rac­con­tan­do­ci con la musi­ca ciò che ha visto con gli occhi.

Il pri­mo pez­zo si inti­to­la Refle­ts dans l’eau ossia rifles­si nell’acqua. In que­sto capo­la­vo­ro Debus­sy descri­ve il movi­men­to dell’acqua e di ciò che vie­ne rifles­so sul­la sua super­fi­cie gio­can­do con arpeg­gi e glis­san­di per dare movi­men­to alla musi­ca che sem­bra qua­si incre­spar­si come l’acqua stes­sa.

Il secon­do pez­zo inve­ce è una sara­ban­da scrit­ta come tri­bu­to a Jean-phi­lip­pe Rameau, ossia uno dei più gran­di com­po­si­to­ri fran­ce­si del XVIII seco­lo che Debus­sy ammi­ra­va infi­ni­ta­men­te.
Nel ter­zo pez­zo, Mouve­ment, si ripren­de il tema del moto uti­liz­zan­do le tec­ni­che già viste nel pri­mo pez­zo, ma con un tema astrat­to, qua­si come un qua­dro di Fon­ta­na ripor­ta­to sul pen­ta­gram­ma.

La secon­da par­te del­la rac­col­ta inve­ce si apre con Clo­ches à tra­vers les feuil­les, ossia cam­pa­ne attra­ver­so le foglie. Qui Debus­sy ci por­ta nel vil­lag­gio di Rahon, in Fran­cia, dove nac­que il suo miglio­re ami­co non­ché pri­mo bio­gra­fo, e anche in que­sto pez­zo rie­sce nell’intento di descri­ver­ci ciò che sen­te man­te­nen­do il suo indi­stin­gui­bi­le sti­le.

Gli ulti­mi due pez­zi inve­ce sono dedi­ca­ti all’Asia: il pri­mo, Et la lune descend sur le tem­ple qui fut, ossia “e la luna discen­de sul tem­pio che fu”, inspi­ra­to alla tra­di­zio­ne nip­po­ni­ca, che tra­spa­re in que­sto pez­zo gra­zie ai tipi­ci toni del­la musi­ca tra­di­zio­na­le Giap­po­ne­se.

Infi­ne l’ultimo pez­zo ci rac­con­ta di un pesce dora­to, tipi­co sim­bo­lo del­la cul­tu­ra cine­se del qua­le Debus­sy descri­ve i gra­zio­si movi­men­ti nell’acqua con infi­ni­ta mae­stria.
Que­sta rac­col­ta insom­ma è una del­le testi­mo­nian­ze più bel­le del­la musi­ca che Debus­sy ha crea­to, capa­ce di rac­con­tar­ci ogni cosa tra­mi­te il sem­pli­ce uso del­la musi­ca con una pre­ci­sio­ne tale da far­ce­la qua­si vede­re con i nostri occhi.

Nico­la Nespo­li