Natale, arte, artisti, Keith Haring, Salvador Dalì, Maurizio Cattelan, Andy Warhol, Banksy

L’ARTE ED IL NATALE: I 5 ARTISTI CHE PIÙ HANNO FATTO SCALPORE CON LE LORO OPERE NATALIZIE

Nata­le si sa, è la con­ti­nua lot­ta tra Panet­to­ne e Pan­do­ro, tra Albe­ro di Nata­le e Pre­se­pe, la spe­ran­za di non rice­ve­re il soli­to paio di cal­ze dal­la pro­zia di tur­no, ma, e soprat­tut­to, è quel perio­do dell’anno che ti fa ren­de­re con­to di quan­to i pic­co­li gesti sia­no impor­tan­ti.

Keith Haring, Mer­ry x-mas (1982)

Keith Haring, famo­so arti­sta sta­tu­ni­ten­se, negli anni ’80 per Nata­le ha volu­to mesco­la­re due sim­bo­li uni­ver­sa­li: la cro­ce e Bab­bo Nata­le. Con San­ta Claus che fa la lin­guac­cia, secon­do Haring si è per­so il mes­sag­gio cri­stia­no del Nata­le a van­tag­gio del con­su­mi­smo.

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Sal­va­dor Dalí, Feli­ci­ta­tion de Navi­dad (1960)

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Sal­va­dor Dalí, gran­de pit­to­re spa­gno­lo, ese­guì tra il 1958 e il 1976 per la dit­ta far­ma­ceu­ti­ca Hoe­ch­st di Bar­cel­lo­na 19 bigliet­ti spe­cia­li di augu­ri per il Nata­le. In que­sti bigliet­ti­ni, con una fan­ta­sia straor­di­na­ria, riu­scì a com­bi­na­re la sua ricer­ca arti­sti­ca con la tra­di­zio­ne cat­to­li­ca e la cul­tu­ra spa­gno­la. L’albero di Nata­le diven­ta la sago­ma vol­teg­gian­te di Don Chi­sciot­te del­la Man­cia, il cava­lie­re erran­te pro­ta­go­ni­sta del cele­bre roman­zo di Miguel de Cer­van­tes.

Mau­ri­zio Cat­te­lan, Christ­mas ’95 (1995)

Mau­ri­zio Cat­te­lan, arti­sta ita­lia­no, nel­la sua ope­ra pren­de la stel­la del­le Br aggiun­gen­do una scia come se fos­se la stel­la come­ta nata­li­zia. Un’idea di cer­to lon­ta­na dagli sche­mi, rischio­sa e dis­sa­cran­te in quan­to met­te in rela­zio­ne i due prin­ci­pa­li bloc­chi ideo­lo­gi­ci del ‘900. Egli stes­so dis­se: 

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Nel dopo­guer­ra, in Ita­lia, fun­zio­na­va così. O si era comu­ni­sti o cat­to­li­ci. La mia fami­glia era mol­to cri­stia­na, ho fat­to anche il chie­ri­chet­to per vari anni, più che altro per raci­mo­la­re qual­che sol­do per il cine­ma. Non ho mai cre­du­to in un Dio vero e pro­prio ma tro­vo mol­to vali­da l’educazione cat­to­li­ca nel qua­le sono cre­sciu­to. La mia cit­tà, Pado­va, era mol­to atti­va a sini­stra, con il movi­men­to Auto­no­mia ope­ra­ia che si avvi­ci­na­va a quel­li del­le Bri­ga­te Ros­se”.

Andy Warhol, San­ta Claus (1981)

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Andy Warhol, arti­sta ame­ri­ca­no famo­so per mani­po­la­re attra­ver­so la sua pop-art i vol­ti del­le star di Hol­ly­wood osses­sio­na­ti dal­la fama e dal­la cele­bri­tà, e cono­sciu­to per gio­ca­re con i mar­chi più famo­si dell’industria ali­men­ta­re. Negli anni ’80 inse­ri­sce anche Bab­bo Nata­le all’interno del­la sua arte. 

Il vec­chio non­no che por­ta i rega­li ai bam­bi­ni su una slit­ta è, infat­ti, pre­sen­te nel ciclo di stam­pe Myths di Andy Warhol, crea­to nel 1981 ed espo­sto per la pri­ma vol­ta alla Ronald Feld­man Fine Arts Gal­le­ry nel­lo stes­so anno. Warhol, dove­te sape­re, ave­va una vera e pro­pria osses­sio­ne per il Nata­le; ecco per­ché nel suo poster Bab­bo Nata­le vie­ne impre­zio­si­to con pol­ve­re di dia­man­te, pro­prio per dare quel sen­so di colo­re, ecces­so e festa che solo il Nata­le sa dare.

Bank­sy, La cica­tri­ce di Betlem­me (2019)

Con Bank­sy Una Nati­vi­tà modi­fi­ca­ta: la Sacra Fami­glia è posta davan­ti a un muro di cemen­to per­fo­ra­to da un col­po di mor­ta­io che crea un buco a for­ma di stel­la. Il “pre­se­pe di guer­ra” si tro­va a Betlem­me, all’entrata dell’hotel Wal­led offuna strut­tu­ra  pro­get­ta­ta da Bank­sy nel­la cit­ta­di­na dei Ter­ri­to­ri pale­sti­ne­si, pro­prio a ridos­so del muro di sepa­ra­zio­ne che divi­de Betlem­me da Geru­sa­lem­me est. 

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Il muro eret­to in Cisgior­da­nia per gli israe­lia­ni è una bar­rie­ra di sicu­rez­za per pro­teg­ger­si dai ter­ro­ri­sti e dagli attac­chi sui­ci­di, per i pale­sti­ne­si è una for­ma di segre­ga­zio­ne e di apar­theid. La visio­ne del con­flit­to israe­lo-pale­sti­ne­se è miti­ga­ta dal­le scrit­te in ingle­se e fran­ce­se “amo­re”, “pace” e “liber­tà”, poste die­tro il pre­se­pe. Un mes­sag­gio di spe­ran­za per una guer­ra così lun­ga e pie­na di odio che ne abbia­mo per­so la per­ce­zio­ne.

L’anno pri­ma, inve­ce, nel 2018, un’opera di Bank­sy appa­re sul muro di un gara­ge di Port Tal­bot, in Gal­les, la cit­tà più inqui­na­ta del Regno Uni­to, sede di una del­le più gran­di accia­ie­rie d’Europa. Si inti­to­la Season’s gree­ting che è una espres­sio­ne ingle­se di augu­rio di buo­ne feste. Un tene­ro bam­bi­no alza le brac­cia, apre la boc­ca e gio­ca a man­gia­re i fioc­chi di neve che cado­no dal cie­lo. Ma atten­zio­ne: non è neve, è la cene­re libe­ra­ta nell’aria da un cas­so­net­to in fiam­me!

Così il miste­rio­so street-art capo­vol­ge un’immagine nata­li­zia in una denun­cia sull’inquinamento atmo­sfe­ri­co che con­di­zio­na la vita dei 35mila abi­tan­ti del­la cit­tà. Come suc­ce­de a Taran­to, in Puglia, in cui il bino­mio salu­te-lavo­ro lace­ra dram­ma­ti­ca­men­te una cit­tà bel­lis­si­ma affac­cia­ta su due mari e sul­la sto­ria del­la Magna Gre­cia.