Le 5 imperdibili notizie della settimana: la crisi in Ucraina, l’addio di Meta all’Europa, l’allerta meteo, la fine delle mascherine e il dibattito sullo schwa.

SIAMO ALLE PORTE DELLA TERZA GUERRA MONDIALE?
Negli ultimi giorni la crisi russo-ucraina ha subito un’accelerazione notevole. Se già nelle ultime settimane la tensione era alta
a causa del progressivo ammassamento di soldati russi al confine con l’Ucraina, ora siamo al punto in cui la situazione potrebbe degenerare da un momento all’altro. Infatti, dalla recentissima chiamata tra Putin e Biden, emerge che quest’ultimo “è stato chiaro” dicendo al leader russo che in caso di invasione gli USA e gli alleati risponderanno in modo “deciso” e imporranno costi severi.
Il Cremlino, da parte sua, afferma che l’Occidente non tiene conto delle preoccupazioni russe e critica la militarizzazione dell’Ucraina da parte della NATO, pur sostenendo che il dialogo sulla crisi prosegue.
Mentre i due leader intensificano le reciproche accuse e minacce implicite, molti Paesi europei, sull’esempio americano, invitano i propri soldati e connazionali a lasciare l’Ucraina.
Russia-Ucraina, la crisi in 5 domande
ADDIO A FACEBOOK E INSTAGRAM?
Da alcuni giorni si è diffusa la convinzione che Meta possa chiudere Facebook e Instagram in Europa. Ma l’intento sembra più essere quello di far

chiasso. Tutto è nato dalla sentenza della Corte di Giustizia Europea con la quale è stato reso non valido l’accordo tra Bruxelles e Washington per il trasferimento dei dati tra Stati Uniti ed Europa.
In risposta, Meta ha inviato un documento alla Sec (Security and Exchange Commission), contenente una frase piuttosto ambigua in cui Meta scrive che, in assenza di nuove regole che consentano il flusso di dati, non sarebbe più stata in grado di garantire alcuni servizi, inclusi Facebook e Instagram.
Quando però la frase contenuta nel documento è diventata un titolo, la notizia è andata subito virale.
Si può quindi dire che Meta ha espresso preoccupazioni riguardo a quello che sta succedendo in Europa in chiave di gestione dei dati, ma non intende lasciare il mercato.
Di cosa parla Privacy Shield, lo scudo per la privacy approvato dalla Corte di Giustizia

ALLERTA METEO: VENTO FORTE SU MILANO CAUSA FERITI E DANNI GRAVI
Lunedì 7 febbraio, a causa del fortissimo vento che si è abbattuto sulla città metropolitana di Milano, il Centro Monitoraggio rischi naturali della
Regione Lombardia ha emanato l’allerta arancione.
Sono numerose, infatti, le chiamate giunte al centralino dei vigili del fuoco. Due persone, un uomo di 64 anni e una donna di 66, sono rimasti gravemente feriti a causa di un albero caduto a Rho e immediatamente trasferiti in codice rosso.
Il forte vento ha causato anche danni strutturali: una parte della copertura del tetto della stazione Centrale di Milano si è staccata e in risposta il comune ha chiuso diversi luoghi pubblici, tra cui alcuni parchi e il castello Sforzesco.
Si sono registrati venti fortissimi anche fuori Lombardia: raffiche di quasi 220 km/h in Valle D’Aosta.
Video e immagini che mostrano i disastri causati dal vento
L’ITALIA FA UN ALTRO PASSO VERSO LA NORMALITÀ
Da venerdì 11 febbraio non è più obbligatorio indossare la mascherina all’aperto, questo indipendentemente dai colori delle regioni, quindi sia in zona bianca che gialla, arancione o rossa.

Bisognerà comunque averla sempre con sé e andrà messa ogni volta che ci si trova in situazioni di assembramento. Riaprono anche le discoteche, dopo una chiusura dietro l’altra a causa dell’emergenza Covid negli ultimi due anni, ma per accedervi bisognerà comunque esibire il Super Green Pass.
La prossima importante tappa arriverà il 31 marzo, quando scadrà lo stato di emergenza e sembra che il governo abbia tutte le intenzioni di non prorogarlo.
Se i numeri lo permetteranno, si potrà anche valutare l’ipotesi di fermare l’isolamento per i positivi, almeno per gli asintomatici.
Quello che il governo sta infatti cercando di fare è iniziare a tracciare la strada verso una vera e propria convivenza con il virus.
Riaprono le discoteche: l’entusiasmo dei ragazzi
LA PETIZIONE CONTRO LO SCHWA
La petizione lanciata dal linguista Massimo Arcangeli dell’Università di Cagliari su Chang.org ha suscitato

grande scalpore riaccendendo il dibattito attorno alla nota “e” rovesciata. Tale petizione, chiamata “Lo schwa? No, grazie. Pro lingua nostra” ha raccolto oltre 12mila firme trovando consenso tra diversi intellettuali che ritengono lo schwa una forzatura della lingua che vada quindi vietata, soprattutto nei documenti ufficiali. Nell’appello si definisce lo schwa “l’ennesima follia bandita sotto le insegne del politicamente corretto”. Queste critiche, costruite a difesa della lingua italiana, sembrano però non considerare che la lingua non è immobile e fissa ma riflesso della società che la utilizza e quindi viva, in evoluzione. La proposta di usare lo schwa ha infatti radici nei cambiamenti orientati all’inclusione che stanno avvenendo nella nostra società. Affrontare la questione solo dal punto di vista della correttezza grammaticale ignorando la motivazione sociale sottostante appare dunque quantomeno limitato.
Contro-appello sullo schwa