Platzspitzbaby

Platzspitzbaby: in ricordo dei bambini dimenticati

Pla­tzspi­tz­ba­by“, tra­du­ci­bi­le con “La ragaz­za del­lo Pla­tzspi­tz”, è un film visi­va­men­te e nar­ra­ti­va­men­te poten­te che met­te in sce­na un epi­so­dio auto­bio­gra­fi­co trat­to dall’omonimo libro.

Si trat­ta di un film sviz­ze­ro usci­to nel 2020 che rac­con­ta una vicen­da rea­le che ha visto coin­vol­ta la cit­tà di Zuri­go per diver­si anni. Infat­ti, negli anni ’80 all’interno di que­sto par­co, il Pla­tzspi­tz, vi fu un gros­so pro­ble­ma lega­to alla tos­si­co­di­pen­den­za. Al suo inter­no miglia­ia di per­so­ne face­va­no uso di eroi­na quo­ti­dia­na­men­te.

A metà degli anni ’90 la piaz­za ven­ne sgom­be­ra­ta e la cit­tà cer­cò di attua­re un pia­no per aiu­ta­re que­ste per­so­ne. Il risul­ta­to per mol­ti ver­si non fu dei miglio­ri: le strut­tu­re che si sareb­be­ro dovu­te occu­pa­re dei tos­si­co­di­pen­den­ti non si dimo­stra­ro­no suf­fi­cien­te­men­te pre­pa­ra­te sot­to diver­si pun­ti di vista.

Che cos’è dun­que “Pla­tzspi­tz­ba­by”? Come sug­ge­ri­sce la pel­li­co­la stes­sa negli atti fina­li, si trat­ta di una dedi­ca a tut­ti quei bam­bi­ni che sono sta­ti dimen­ti­ca­ti, che si sono visti l’infanzia ruba­ta, tra­via­ta da del­le situa­zio­ni estre­ma­men­te più gran­di di loro. Il film rac­con­ta pro­prio una di que­ste innu­me­re­vo­li sto­rie.

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Mia e Sandrine: due facce della stessa medaglia

La vicen­da nar­ra­ta è quel­la di Mia, una gio­va­ne ado­le­scen­te, e di sua madre San­dri­ne, che ha fre­quen­ta­to per diver­so tem­po il Pla­tzspi­tz.

Dopo lo sgom­be­ro del­la piaz­za, alle pro­ta­go­ni­ste vie­ne asse­gna­to un appar­ta­men­to dove potran­no vive­re e dove ver­ran­no anche segui­te dai ser­vi­zi socia­li. Pur ten­tan­do di smet­te­re defi­ni­ti­va­men­te con la dro­ga, San­dri­ne rica­drà velo­ce­men­te nel tun­nel, rischian­do di por­ta­re Mia con sé.

Quel­la di Mia è inve­ce una pro­spet­ti­va com­ple­ta­men­te diver­sa. La ragaz­za vor­reb­be sem­pli­ce­men­te vive­re una vita tran­quil­la, ma si ritro­va ad affron­ta­re mol­te dif­fi­col­tà.

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Basti pen­sa­re a come vie­ne esclu­sa dai suoi com­pa­gni di clas­se sola­men­te per­ché que­sti cono­sco­no il pas­sa­to del­la madre. Sim­bo­li­co e mol­to espli­ca­ti­vo il fat­to che gli uni­ci ragaz­zi con cui Mia farà ami­ci­zia sono per­so­ne che pre­sen­ta­no pro­ble­mi all’interno del pro­prio nucleo fami­lia­re.

Risul­ta subi­to chia­ro e diret­to uno dei mes­sag­gi, ovve­ro il fat­to che per­so­ne con cer­ti pro­ble­mi, indi­pen­den­te­men­te dall’età, ven­go­no trat­ta­te come “diver­se”, estra­nia­te, abban­do­na­te e lascia­te a loro stes­se.

Que­sta dico­to­mia è estre­ma­men­te poten­te ed in gra­do di met­te­re in sce­na dei nodi nar­ra­ti­vi inte­res­san­ti, poten­ti e che faran­no sicu­ra­men­te riflet­te­re lo spet­ta­to­re.

La tecnica per immedesimarsi nel racconto

La poten­za e la bel­lez­za di que­sto film sono senz’ombra di dub­bio dovu­te anche al repar­to tec­ni­co che svol­ge un gran­dis­si­mo lavo­ro per per­met­te­re allo spet­ta­to­re di com­pren­de­re que­sto intri­go fami­lia­re, i cui tas­sel­li si rivol­go­no a con­cet­ti più ampi.

La sce­na ini­zia­le, infat­ti, fa già capi­re l’essenza e il tono del film. Mia cam­mi­na nel par­co, ascol­tan­do nel­le cuf­fie una musi­ca dal tono asso­lu­ta­men­te oppo­sto rispet­to alla situa­zio­ne in cui si tro­va. Ciò non fa altro che evi­den­zia­re ed aumen­ta­re la deso­la­zio­ne e la tri­stez­za del luo­go e del­la gio­va­ne pro­ta­go­ni­sta.

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Suc­ces­si­va­men­te si assi­ste ad un liti­gio tra i geni­to­ri di Mia che, per cer­ca­re di eva­de­re da quel­la situa­zio­ne, rico­min­ce­rà ad ascol­ta­re la musi­ca.

Basta­no que­sti cin­que minu­ti ini­zia­li per dare allo spet­ta­to­re tut­te le infor­ma­zio­ni neces­sa­rie ad immer­ger­si e com­pren­de­re l’essenza di que­sta sto­ria che, mal­gra­do par­li di una bam­bi­na, non è di cer­to una fia­ba, ma piut­to­sto un incu­bo. Un incu­bo mes­so in sce­na gra­zie anche ad un com­par­to di foto­gra­fia stu­dia­to in modo tale da ren­de­re l’idea di un ambien­te e di un con­te­sto tetro, cupo. Un con­te­sto dove la feli­ci­tà e la sere­ni­tà non aleg­gia­no da mol­to tem­po.

Jaco­po Grep­pi