
Nel corso della mia vita ho giocato a svariati capitoli della serie di “Final Fantasy” ed il settimo è uno dei miei preferiti (per capirci meglio, ogni gioco ha lo stesso logo affiancato da un numerino ed un simpatico ghirigoro. Il settimo è quello con lo sputo). Nel corso degli anni è stato riproposto molteplici volte, si trova un po’ ovunque, come l’aglio nei piatti della nonna.
In questo 2020 torna sotto forma di un tanto rimandato remake (come avrete intuito dal titolo). Solo in seguito ho scoperto che si sarebbe concentrato solo sulle prime cinque ore di gioco, rendendole magicamente trenta.
Il gioco segue le vicende di un gruppo di rivoltosi che, tramite mezzi diplomatici, quali attentati terroristici, cerca di sconfiggere una malvagia società che usa la forza vitale del pianeta per far fare la bella vita alla classe dirigente di Midgar, una metropoli punk-futuristica dove è ambientato il tutto. Voi vestirete i panni di Cloud, mercenario dai capelli improbabilmente appuntiti ed estremamente scazzato, il quale si aggrega agli ecoterroristi per i soldi e a causa della sua amica d’infanzia (il cui nuovo design ha scaldato il cuore a molti nerd creativi, a giudicare dalle strane fanart che girano).
Il gioco originale aveva uno stile cazzaro e triangoloso, ma con la nuova, stupenda, grafica pompata a bestia, semirealistica con toni seriosi e l’ottima riproposizione dei modelli dei personaggi, non posso non notare quanto si esalti la stupidità della trama, soprattutto quando si combatte la casa (sì, è un boss), o quando si incontra il cugino storto di Scar, del “Re Leone”. A peggiorare la situazione si aggiunge il doppiaggio triste e pieno di strani sospiri da anime. A tutto ciò si oppone una costruzione del mondo veramente profonda (esplorare gli schifosi bassifondi cittadini, abitati da straccioni e topi mutanti, non è mai stato così coinvolgente) e una fedeltà, nonché riproposizione di dettagli e meccaniche dell’opera originale veramente encomiabile (hanno tenuto anche la parte con Cloud che viene vestito da donna, per picchiare un pappone, grazie all’aiuto di un ambiguo stilista ed un balletto. Convintissimo che l’avrebbero censurata).
Ma torniamo a dare enfasi al termine “remake”. Difatti molti sono i tratti che mutano, primo tra tutti la già citata grafica. Da RPG diviene un action RPG, cioè i combattimenti non sono più a turni, ma ne mantengono tutte le caratteristiche. Questa è un’evoluzione, ma il fatto che quando colpisco qualcuno escano i numerini indicanti il danno recato mi dà la sensazione che le mazzate elargite abbiano lo stesso effetto di tirare pigne ad un blindato. Un’altra notevole divergenza dalla fonte è il cambiamento di alcuni punti di trama, che hanno una ricaduta pesantissima sullo svolgersi delle vicende. Forse in parte a causa del mio legame con la storia precedente, ho trovato ciò molto poco convincente. Per farvi un esempio, Sephirot, il cattivo che stimavo assai, ora mi sembra solo il tipo che appare nei trip allucinogeni di Cloud ogni tre per due e che ha gli spiriti del magico destino o qualcosa del genere, non ho capito benissimo cosa stava succedendo in quella parte di gioco.
Detto ciò non è stata una brutta esperienza giocarci, ma sicuramente continuo a preferire l’originale. Sono curioso su come verrà proposto il resto del gioco, ma, visto i tempi di uscita di questo, sono convinto che avrò da aspettare ancora per molto.
All’approssimativa cura di Matteo Simonetti