
Breve trama sbagliata
The Legend of Zelda è uscito per la prima volta nel 2017 e paradossalmente continua ad essere migliore di qualsiasi open world, anche di quelli usciti dopo.
Link, il protagonista, all’inizio del gioco si risveglia da un sonno di cent’anni, dotato di un Nokia che distroce le leggi della fisica, senza più memoria e probabilmente convito di essere Bear Grylls (sì, passerete metà del gioco a fare i survivalisti). La missione di Link è è portare in salvo la principessa Zelda, passando attraverso le vastissime terre di una Hyrule completamente devastata dal malvagio porco-nuvola viola Ganon.
Dopo il tutorial, che sembra più un gioco intero che un tutorial, vi calerete nei panni di Link, e il defunto re vi chiederà di portare in salvo sua figlia Zelda. Voi, da buoni eroi, ignorerete la missione datavi in ogni modo possibile oppure vi catapulterete in meno di quindici minuti dal malvagio Ganon, equipaggiati solo di mutande e di uno scopettone trovato per caso sulla strada del castello, per poi morire in modo imbarazzante poco dopo.
Un’ambientazione psichedelica con personaggi tutti morti
Nonostante il gioco sia immenso e incoraggi in ogni modo ad esplorare il suo mondo (se dovrete recarvi da un luogo all’altro probabilmente non ci andrete, e vi ritroverete a fronteggiare imprevisti inattesi, come combattere un drago su una montagna), anche la storia non passa in secondo piano.
Dovrete sbloccarla ed è narrata in modo non troppo convincente ricorrendo spesso all’utilizzo di flashback (fatevi un favore e mettete l’audio in una lingua che non capite, perché i doppiatori italiani faranno sembrare stupide tutte le scene), ma tutto ciò è ben bilanciato da personaggi particolarmente riusciti, come la principessa Zelda, che in questo gioco è una grandissima stronza e mostra di avere uno strano feticismo per le rane. Oltre a lei saranno introdotti anche i quattro campioni, tutti morti: la ragazza pesce di Link, la pseudo mamma di Zelda, un uccello bastardo e un orso-roccia simpatico, dei quali il gioco non vi dirà altro.
Ecco perché vale la pena di giocarci
Rigiocando a questo capolavoro, si può sempre avere l’occasione di sperimentare cose sempre più assurde, come lanciare un cavallo a velocità luce grazie ad un tronco d’albero, salvare un barbone per ottenere un’omelette o, ancora, usare banane per traviare gli adepti di una setta filo-satanica. Ed è proprio questo a renderlo speciale.
Detto ciò ci sono anche cose irritanti: le armi si rompono come se fossero fatte di crackers, costringendoti a cercarne di nuove o usare tattiche alternative, e la pioggia è infame. Sembra di essere all’interno della foresta pluviale e ogni volta che che piove è impossibile scalare o accedere fuochi (il che è abbastanza plausibile nella realtà, ma in un videogioco non te lo aspetteresti).
Nonostante questo, questo videogioco riesce comunque a rimanere impresso nella memoria di ogni videogiocatore, anche quando fa schifo. Attendo con ansia il sequel, nel trailer Zelda si è tagliata i capelli, magari morirà, io ci spero.
Di Matteo Simonetti