Tom Holland No way home

Spiderman no way home: tra fanservice sfrenato e mancanza di sostanza

No way home Doc Ock

Dopo mesi d’attesa e tan­to hype è giun­to nel­le sale l’ultimo capi­to­lo del­la tri­lo­gia del­lo Spi­der­man inter­pre­ta­to da Tom Hol­land.

Que­sta tri­lo­gia a livel­lo di con­te­nu­ti e di qua­li­tà ha sicu­ra­men­te sof­fer­to il peso dell’essere par­te inte­gran­te dell’MCU, Mar­vel Cine­ma­tic Uni­ver­se, che l’ha obbli­ga­ta ad ave­re deter­mi­na­ti stan­dard a cui atte­ner­si.

Basta pen­sa­re al pri­mo capi­to­lo (“Spi­der­man Home­co­ming”) trop­po dipen­den­te dal per­so­nag­gio di Iron-man, che eclis­sa e non per­met­te a quel­lo di Tom Hol­land di ave­re l’arco 

nar­ra­ti­vo che si meri­ta. Nel secon­do capi­to­lo (“Spi­der­man Far From Home“) inve­ce que­sto peso è sicu­ra­men­te meno mar­ca­to. Il fat­to di far par­te dell’MCU, però non per­met­te al per­so­nag­gio di comu­ni­ca­re deter­mi­na­te tema­ti­che che potes­se­ro lascia­re vera­men­te qual­co­sa allo spet­ta­to­re, come altri film di Spi­der­man han­no dimo­stra­to di sape­re fare, e anche bene.

Si arri­va dun­que all’ultimo capi­to­lo, sen­za però una base vera­men­te soli­da del per­so­nag­gio. Il mon­do vie­ne a cono­scen­za del­la vera iden­ti­tà di Spi­der­man: Peter Par­ker. Non riu­scen­do più a con­dur­re una vita nor­ma­le, Peter deci­de di rivol­ger­si a Doc­tor Stran­ge. Quest’ultimo ese­gui­rà un incan­te­si­mo per far scor­da­re a tut­ti quan­ti la vera iden­ti­tà di Spi­der­man, com­pre­si gli ami­ci a lui più cari.

L’incantesimo natu­ral­men­te andrà stor­to e, come risul­ta­to, met­te­rà in col­le­ga­men­to vari uni­ver­si. Da que­sto momen­to infat­ti comin­ce­ran­no ad arri­va­re vari vil­lain pro­ve­nien­ti dagli uni­ver­si degli Spi­der­man di Tobey Magui­re e da quel­lo di Andrew Gar­field.

 

Tra pregi e tanti difetti

Il pri­mo atto fun­zio­na ed anche bene, per esse­re un film Mar­vel, dato che lo spet­ta­to­re osser­va iner­me un Peter inghiot­ti­to da qual­co­sa di mol­to più gran­de di lui e che non si può fer­ma­re: l’esposizione e la gogna media­ti­ca.

 

Vie­ne mostra­to un con­tra­sto tra chi sta dal­la par­te di Peter e chi inve­ce lo odia poi­ché cre­de che sia il respon­sa­bi­le del­la mor­te di Myste­rio (fina­le di “Far from home”).

Que­sto con­tra­sto, per esse­re un film Mar­vel, risul­ta inte­res­san­te poi­ché vie­ne mostra­to come que­sta situa­zio­ne impe­di­sca a Spi­der­man di svol­ge­re una vita al di fuo­ri da quel­la da supe­re­roe.

Il vero pro­ble­ma del film sor­ge quan­do egli si reca da Doc­tor Stran­ge per chie­der­gli aiu­to. Infat­ti, il pre­te­sto su cui si basa “Spi­der­man no way home”, è ridi­co­lo e vit­ti­ma di un feno­me­no che ad Hol­ly­wood sta dila­gan­do ormai da parec­chi anni: il lazy wri­ting.

Si ha l’impressione che gli sce­neg­gia­to­ri non voglia­no nem­me­no pro­va­re a scri­ve­re un qual­co­sa che abbia una coe­ren­za dall’inizio alla fine, impe­gnan­do­si quan­to basta per cer­ca­re una logi­ca tra gli even­ti del film. Il fat­to che lo stre­go­ne più poten­te del pia­ne­ta ter­ra (e colui che per­mi­se a Tha­nos si ucci­de­re mez­za popo­la­zio­ne dell’universo per poter poi sal­va­re tut­ti quan­ti), met­ta a repen­ta­glio l’equilibrio extra-dimen­sio­na­le solo a cau­sa di un ragaz­zi­no è vera­men­te sino­ni­mo di man­can­za di voglia di impe­gnar­si.

Il film si basa sul fan­ser­vi­ce e sull’amore per il per­so­nag­gio di Spi­der­man, e pro­ba­bil­men­te ser­vi­va un mero pre­te­sto per uti­liz­za­re i mul­ti­ver­si e vari per­so­nag­gi già visti, e non si sfor­za affat­to sul­lo svol­gi­men­to di tale ope­ra­zio­ne.

Il film vive di puro fan­ser­vi­ce gra­zie ai per­so­nag­gi, alle loro bat­tu­te, al modo in cui inte­ra­gi­sco­no, e non solo. Anche qui poi sor­go­no varie incoe­ren­ze e pro­ble­mi di scrit­tu­ra che non fan­no altro che abbas­sa­re la qua­li­tà effet­ti­va del film,

soprat­tut­to se si pen­sa per esem­pio alla pro­fon­di­tà e bel­lez­za dei film diret­ti dal genio di Sam Rai­mi.

No way home” sicu­ra­men­te è in gra­do di emo­zio­na­re con i vari ele­men­ti mes­si in sce­na, ma sfor­tu­na­ta­men­te essi sono puro fan­ser­vi­ce e non lascia­no nul­la di vera­men­te con­cre­to allo spet­ta­to­re, risul­tan­do così vuo­ti.

Nota posi­ti­va è il fina­le che vede final­men­te il per­so­nag­gio di Tom Hol­land matu­ra­re vera­men­te e pone le basi per un vero nuo­vo ini­zio del per­so­nag­gio che fino ad ades­so non ave­va subi­to un chia­ro svi­lup­po.

Con­clu­den­do, “Spi­der­man no way home” può risul­ta­re sicu­ra­men­te pia­ce­vo­le da vede­re, ma che basan­do­si pura­men­te sul fan­ser­vi­ce e su una sce­neg­gia­tu­ra con mol­te­pli­ci pro­ble­mi, non darà nul­la di con­cre­to allo spet­ta­to­re se non il vec­chio effet­to nostal­gia. “Spi­der­man no way home”  è un film che può pia­ce­re, ma che risul­ta pri­vo di una vera sostan­za, come pra­ti­ca­men­te ogni film del MCU.

Jaco­po Grep­pi