THE LAST OF US PARTE II

 Vent’anni dopo lo scop­pio dell’avvenimento che ha mes­so l’umanità in ginoc­chio, Joel, un sem­pli­ce uomo che si è ritro­va­to a con­trab­ban­da­re mer­ce pur di soprav­vi­ve­re, deve scor­ta­re una ragaz­zi­na di nome Ellie pres­so un grup­po deno­mi­na­to “Le luci”. Il gio­co uti­liz­za la tema­ti­ca degli zom­bie qua­si come se fos­se un pre­te­sto per rac­con­tar­ci un’ulteriore sto­ria.

La sto­ria di un uomo anni­chi­li­to dal pas­sa­to, che ha assi­sti­to al qua­si annien­ta­men­to dell’essere uma­no, e di una ragaz­zi­na nata duran­te la pan­de­mia che ha defi­ni­to una sor­ta di nuo­vo mon­do. Joel ed Ellie, tra­mi­te il lun­go e osti­co per­cor­so che per­cor­re­ran­no nel cor­so del pri­mo capi­to­lo, par­la­no indi­ret­ta­men­te al video­gio­ca­to­re rac­con­tan­do­gli diver­si aspet­ti del­la vita. The last of us par­la di uma­ni­tà, o per meglio dire, di ciò che ne resta, di empa­tia ver­so il pros­si­mo, di come i sen­ti­men­ti più pri­mor­dia­li emer­ga­no in mol­te­pli­ci situa­zio­ni pur di riu­sci­re a sal­var­si e del rap­por­to con gli altri esse­re uma­ni. È infat­ti quest’ultimo fat­to­re che per­met­te ad ogni sin­go­lo indi­vi­duo di tene­re la testa sal­da sul­le spal­le e di anda­re avan­ti, veden­do la situa­zio­ne attua­le non come la fine, ma come un nuo­vo ini­zio. Con un fina­le emble­ma­ti­co, il pri­mo video­gio­co di the last of us ci par­la di quan­to in fon­do, ma per moti­vi più che giu­sti­fi­ca­ti, la natu­ra uma­na sia egoi­sta. Infat­ti nel fina­le Joel deci­de­dii sal­va­re Ellie, pur sapen­do che in que­sta manie­ra non potrà esse­re pro­dot­to nes­sun vac­ci­no per cer­ca­re di por­re fine a que­sta pan­de­mia. E per trar­re in sal­vo quel­la che è ormai dive­nu­ta la sua figlia adot­ti­va, egli ucci­de­rà a san­gue fred­do chiun­que gli si pare­rà davan­ti all’interno dell’ospedale all’interno del qua­le Ellie sta per veni­re ucci­sa nell’ottica di un bene supe­rio­re. Duran­te tut­ta que­sta fase, il video­gio­ca­to­re empa­tiz­za e pat­teg­gia per Joel, in quan­to i nostri sen­ti­men­ti sono dive­nu­ti tal­men­te pro­fon­di e radi­ca­ti che non ce la sen­tia­mo e non rite­nia­mo giu­sto sacri­fi­ca­re la vita di Ellie, pur sapen­do benis­si­mo che con­se­guen­ze ci saran­no. The last of us ci par­la anche di que­sto aspet­to antro­po­lo­gi­co dell’essere uma­no, e lo fa con una clas­se ed una nar­ra­zio­ne finis­si­me, non risul­tan­do mai bana­le e facen­do riflet­te­re il video­gio­ca­to­re sot­to mol­te­pli­ci pun­ti di vista.

Ma tut­to ciò riguar­da il pri­mo capi­to­lo e le varie carat­te­ri­sti­che elen­ca­te ven­go­no ulte­rior­men­te esplo­ra­te, appro­fon­di­te e ampli­fi­ca­te in The last of us par­te II. Sono infat­ti pas­sa­ti cin­que anni dal­le vicen­de del pri­mo capi­to­lo e que­sta vol­ta si vesti­ran­no i pan­ni di Ellie che, in segui­to ad un tra­gi­co avve­ni­men­to, dovrà par­ti­re ver­so un’avventura che per­met­te­rà al video­gio­co di rac­con­ta­re e di rag­giun­ge­re vet­te nar­ra­ti­ve che rara­men­te si sono mai viste altro­ve. Si trat­ta di un’avventura estre­ma­men­te lon­ge­va e che a trat­ti potreb­be anche sem­bra­re non ter­mi­ni più, ma tale carat­te­ri­sti­ca non fa altro che dare valo­re al tito­lo in quan­to di que­sta sto­ria e di come vie­ne nar­ra­ta non ci si stan­ca mai. Sicu­ra­men­te meri­to del rit­mo che essa ha, essen­do per­fet­ta­men­te bilan­cia­to in ogni sua carat­te­ri­sti­ca, spe­cial­men­te gra­zie a diver­se scel­te nar­ra­ti­ve che sono più che giu­sti­fi­ca­te e aven­ti una logi­ca ben pre­ci­sa, mira­ta e den­se di signi­fi­ca­to. La sto­ria di The last of us par­te II si potreb­be defi­ni­re con mol­te­pli­ci agget­ti­vi, ma pro­ba­bil­men­te il più azzec­ca­to è “corag­gio­sa”. Infat­ti que­sto secon­do capi­to­lo pren­de quel­la poca, ed effi­me­ra, posi­ti­vi­tà del pri­mo e la distrug­ge sem­pre di più man mano che il video­gio­ca­to­re andrà avan­ti. Tale azio­ne vie­ne svol­ta e resa pos­si­bi­le gra­zie a scel­te di game­play e di nar­ra­zio­ne che ci faran­no sem­pre met­te­re in dub­bio da che par­te schie­rar­ci moral­men­te e che tipo di per­so­ne sia­mo in real­tà.

Un video­gio­co che oltre ad esser­si ele­va­to dal pun­to di vista del­la nar­ra­zio­ne, ha por­ta­to ad un livel­lo supe­rio­re il game­play, che rispet­to al suo pre­de­ces­so­re è sta­to smus­sa­to, arric­chi­to e miglio­ra­to, ren­den­do­lo più varie­ga­to, com­ple­to e diver­ten­te.

Il com­par­to sono­ro è sem­pli­ce­men­te stra­bi­lian­te, aven­te dal­la sua suo­ni e musi­che che sono in gra­do di evo­ca­re qual­sia­si tipo di emo­zio­ne sia neces­sa­rio far pro­va­re al gio­ca­to­re. Il com­par­to video rie­sce a sfrut­ta­re pie­na­men­te la poten­za dell’hardware del­la ps4. Basti pen­sa­re che la gra­fi­ca del gio­co e quel­la dei fil­ma­ti che por­ta­no avan­ti la nar­ra­zio­ne cor­ri­spon­do­no. Come se non bastas­se vi sono una vastis­si­ma varie­tà di effet­ti par­ti­cel­la­ri, una minu­zio­si­tà mania­ca­le nell’accuratezza di ogni sin­go­lo anfrat­to esplo­ra­bi­le, uno stu­dio estre­ma­men­te rea­li­sti­co die­tro ad ogni sin­go­la ani­ma­zio­ne fisi­ca o espres­sio­ne fac­cia­le… Insom­ma, un’infinità di det­ta­gli che non faran­no altro che aiu­ta­re il video­gio­ca­to­re ad immer­ger­si all’interno del­la sto­ria. La cilie­gi­na sul­la tor­ta sta nell’intelligenza arti­fi­cia­le dei nemi­ci che rag­giun­ge vet­te altis­si­me, con nemi­ci sem­pre pron­ti a ten­de­re aggua­ti, capa­ci di orga­niz­zar­si tra di loro per sopraf­fa­re e coglie­re di sor­pre­sa.

The last of us par­te II gra­zie a paral­le­li­smi, simi­li­tu­di­ni, con­tra­sti, sim­bo­li­smi e sacri­fi­ci ci farà sem­pre sen­ti­re a disa­gio con noi stes­si e con le azio­ni che stia­mo com­pien­do. Si trat­ta di un disa­gio mira­to, stu­dia­to e assai astrat­to, vol­to a crea­re nel gio­ca­to­re una sen­sa­zio­ne di astra­zio­ne nei con­fron­ti dell’umanità, del­le scel­te fat­te e di cosa sareb­be potu­to anda­re diver­sa­men­te, per far riflet­te­re su se stes­si e su che tipo di con­se­guen­ze le pro­prie azio­ni pos­so­no ave­re.

In con­clu­sio­ne, non è affat­to azzar­da­to rite­ne­re que­sto video­gio­co un vero e pro­prio capo­la­vo­ro, poi­ché ognu­no dei mol­te­pli­ci aspet­ti che lo com­po­ne rasen­ta la per­fe­zio­ne toc­can­do vet­te che per­si­no in altre for­me arti­sti­che è dif­fi­ci­le rag­giun­ge­re, tra­scen­den­do il gene­re e gua­da­gnan­do­si più che meri­ta­ta­men­te un posto tra i miglio­ri video­gio­chi mai usci­ti nell’intera sto­ria.

Di Jaco­po Grep­pi