Una nebulosa a farfalla

Sco­va­re le for­me di galas­sie, nebu­lo­se e costel­la­zio­ni è un po’ come quan­do si cer­ca di indo­vi­na­re le for­me del­le nuvo­le in cie­lo e può con­dur­re in con­ti­nua­zio­ne alla sco­per­ta di for­me ina­spet­ta­te, come in que­sto caso: sopran­no­mi­na­ta NGC 6302, que­sto ammas­so di gas e pol­ve­ri è però cono­sciu­to in modo più poe­ti­co come nebu­lo­sa Far­fal­la. 

Due stel­le che dan­za­no insie­me?

 Que­sta far­fal­la cosmi­ca si può osser­va­re nei pres­si del­la costel­la­zio­ne del­lo Scor­pio­ne, tra i 2500 e i 3800 anni luce di distan­za da noi, e si trat­ta di una nebu­lo­sa pla­ne­ta­ria bipo­la­re, for­ma­ta da due get­ti di gas ioniz­za­to che si espan­de, dan­do così ori­gi­ne alle due ali del­la far­fal­la.

All’interno del­la nebu­lo­sa sono pre­sen­ti diver­si livel­li di com­ples­si­tà e sono sta­ti regi­stra­ti rapi­di cam­bia­men­ti nei get­ti e nel­le bol­le di gas che sca­tu­ri­sco­no dal­la regio­ne cen­tra­le. In base a que­ste osser­va­zio­ni è sta­ta ipo­tiz­za­ta la pre­sen­za di due stel­le che orbi­ta­no l’una attor­no all’altra, qua­si come due bal­le­ri­ni che dan­za­no insie­me: una stel­la più gran­de si espan­de men­tre una più pic­co­la si fon­de con la com­pa­gna, for­man­do così un siste­ma bina­rio. La stel­la più pic­co­la del­la cop­pia tut­ta­via non è anco­ra sta­ta rile­va­ta diret­ta­men­te per­ché si tro­va trop­po vici­na oppu­re è già sta­ta inglo­ba­ta da quel­la più gran­de, una gigan­te ros­sa, cen­ti­na­ia o miglia­ia di vol­te più lumi­no­sa del Sole. NG6302 pre­sen­ta inol­tre una carat­te­ri­sti­ca for­ma a S, che appa­re solo uti­liz­zan­do il fil­tro del­la foto­ca­me­ra del tele­sco­pio spa­zia­le Hub­ble, median­te cui è pos­si­bi­le rile­va­re le emis­sio­ni nel vici­no infra­ros­so di ato­mi di fer­ro ioniz­za­ti una vol­ta (che han­no cioè per­so un elet­tro­ne). 

La pre­sen­za di que­sta par­ti­co­la­re cur­va indi­ca che la sor­gen­te sta oscil­lan­do nel tem­po, qua­si come una trot­to­la che è sul pun­to di cade­re. Si trat­ta di un’altra impor­tan­te pro­va a favo­re del­la pre­sen­za di un siste­ma bina­rio. 

L’occhio arti­fi­cia­le che esplo­ra il cosmo

Se doves­si­mo avvi­ci­nar­ci alla nostra stra­na far­fal­la con una navi­cel­la spa­zia­le, note­rem­mo che le sue ali assu­mo­no diver­se gra­da­zio­ni di colo­ri: i bor­di ros­si emet­to­no luce pro­dot­ta da azo­to e rag­giun­go­no una tem­pe­ra­tu­ra rela­ti­va­men­te bas­sa rispet­to all’area cen­tra­le del­la nebu­lo­sa, dove inve­ce com­pa­io­no spraz­zi di luce bian­ca per la luce emes­sa da zol­fo. Il gas cal­do espul­so dal­la stel­la, entran­do in con­tat­to con il gas cir­co­stan­te, favo­ri­sce la for­ma­zio­ne di onde d’urto che asso­mi­glia­no a fila­men­ti. Gli altri colo­ri che pos­sia­mo iden­ti­fi­ca­re cor­ri­spon­do­no a luce emes­sa da ossi­ge­no, elio e idro­ge­no. È sem­pre gra­zie ad Hub­ble che è pos­si­bi­le com­pie­re il nostro viag­gio nel cosmo: il suo gran­de occhio arti­fi­cia­le ci for­ni­sce imma­gi­ni e rico­stru­zio­ni di que­sta immen­sa nebu­lo­sa di una bel­lez­za dif­fi­ci­le da imma­gi­na­re. 

Di Fran­ce­sca Mala­va­si