Virgo

il rilevatore di onde gravitazionali che apre una finestra sull’Universo

Che cosa sareb­be acca­du­to se la sino­pia del­la Bat­ta­glia di Casci­na fos­se sta­ta rea­liz­za­ta da Miche­lan­ge­lo nel 2004?

Al di là dei cor­pi tita­ni­ci che occu­pa­no il pri­mo pia­no, avre­ste potu­to intra­ve­de­re, nasco­sto tra gli spe­ro­ni roc­cio­si del­lo sfon­do, un impo­nen­te edi­fi­cio argen­ta­to ospi­tan­te l’interferometro VIRGO. 

Immer­so nel­la pia­nu­ra pisa­na, l’esperimento VIRGO è costi­tui­to da un cor­po cen­tra­le dal qua­le si dipar­to­no due brac­ci orto­go­na­li di ben 3 km di lun­ghez­za, cia­scu­no sede di una com­ples­sa serie di mac­chi­na­ri, neces­sa­ri per l’assemblaggio di un inter­fe­ro­me­tro a laser.

Nascita e Obiettivo dell’esperimento

VIRGO, il cui nome deri­va dall’ ammas­so del­la Ver­gi­ne, distan­te 50 milio­ni di anni luce dal nostro pia­ne­ta, nasce sul fini­re del seco­lo scor­so per volon­tà dell’INFN (Isti­tu­to Nazio­na­le di Fisi­ca Nuclea­re) e del fran­ce­se CNRS (Cen­tre Natio­nal de la Recher­che Scien­ti­fi­che). 

L’esperimento, inse­ri­to all’interno dell’osservatorio gra­vi­ta­zio­na­le euro­peo (il cui acro­ni­mo ingle­se è EGO), si occu­pa di rive­la­re le onde gene­ra­te dal cam­po gra­vi­ta­zio­na­le, pre­vi­ste dal­la Teo­ria del­la Rela­ti­vi­tà di Ein­stein.

Che cosa sono le onde gra­vi­ta­zio­na­li?

Un cor­po dota­to di mas­sa gene­ra attor­no a sé un cam­po gra­vi­ta­zio­na­le, una gran­dez­za fisi­ca che for­ni­sce indi­ca­zio­ni cir­ca l’intensità, la dire­zio­ne e il ver­so del­la modi­fi­ca­zio­ne del tes­su­to spa­zio-tem­po, che influi­sco­no sul moto del­le mas­se che lo cir­con­da­no. 

 

Il modu­lo del cam­po è tan­to mag­gio­re quan­to più signi­fi­ca­ti­va è la mas­sa del cor­po gene­ra­to­re; dun­que, non è dif­fi­ci­le imma­gi­na­re quan­to l’intensità’ del cam­po (e del­le rispet­ti­ve onde) pos­sa esse­re deci­sa­men­te più rile­van­te se gene­ra­ta da un cor­po cele­ste, anzi­ché’ da un esse­re uma­no.

Ser­ven­do­si di un esem­pio poco scien­ti­fi­co, ma effi­ca­ce, si potreb­be para­go­na­re il tes­su­to spa­zio-tem­po­ra­le ad un enor­me telo ela­sti­co, al cen­tro del qua­le è col­lo­ca­ta una pal­li­na dota­ta di una cer­ta mas­sa. Una vol­ta posi­zio­na­to l’oggetto al cen­tro, si nota che il telo ela­sti­co risul­ta lie­ve­men­te incli­na­to nel­la dire­zio­ne del­la pal­li­na e che tale incli­na­zio­ne è tan­to accen­tua­ta quan­to mag­gio­re è la mas­sa del­la pal­li­na.

Se poi si pone un’altra pal­li­na di mas­sa irri­le­van­te (mas­sa di pro­va) sul mar­gi­ne del telo, si osser­va che que­sta, sen­za che le ven­ga impres­so alcun movi­men­to, ini­zia a ruo­ta­re attor­no alla pal­li­na cen­tra­le, avvi­ci­nan­do­si ad essa sem­pre più, come se ne fos­se attrat­ta.

Di con­se­guen­za, un cor­po dota­to di mas­sa, che non pre­sen­ta una sim­me­tria sfe­ri­ca, muo­ven­do­si di moto acce­le­ra­to, gene­ra nel tes­su­to spa­zio-tem­po­ra­le una serie di incre­spa­tu­re, det­te onde gra­vi­ta­zio­na­li, che alte­ra­no il movi­men­to del­le mas­se di pro­va cir­co­stan­ti.

Le onde gra­vi­ta­zio­na­li risul­ta­no, per cer­ti aspet­ti, ana­lo­ghe alle onde elet­tro­ma­gne­ti­che: esse, infat­ti, viag­gia­no alla velo­ci­tà del­la luce e oscil­la­no per­pen­di­co­lar­men­te alla dire­zio­ne di pro­pa­ga­zio­ne. Tut­ta­via, al con­tra­rio del­le onde di Max­well, le onde gra­vi­ta­zio­na­li pre­sen­ta­no del­le lun­ghez­ze d’onda mol­to ele­va­te (dell’ordine di 106, fino a rag­giun­ge­re 1027 m) e ampiez­ze di oscil­la­zio­ne deci­sa­men­te esi­gue (10-19 m); tali pecu­lia­ri­tà fan­no in modo che le par­ti­cel­le del cosmo risul­ti­no pres­so­ché impe­ne­tra­bi­li da que­ste onde.

Da che cosa sono generate le onde gravitazionali? 

Le onde gra­vi­ta­zio­na­li, come gran par­te del­le onde del­lo spet­tro elet­tro­ma­gne­ti­co, non sono visi­bi­li all’occhio uma­no, né tan­to meno facil­men­te rile­va­bi­li. Data la rela­ti­va debo­lez­za del­la for­za di gra­vi­tà, per­si­no siste­mi costi­tui­ti da cor­pi cele­sti mas­si­vi, sot­to­po­sti a una vio­len­ta acce­le­ra­zio­ne, gene­ra­no del­le modi­fi­ca­zio­ni infi­ni­te­si­me. Ad esem­pio, feno­me­ni astro­no­mi­ci, qua­li la coa­le­scen­za (cioè il pro­gres­si­vo avvi­ci­na­men­to, segui­to dal­la col­li­sio­ne) di un siste­ma bina­rio di stel­le mol­to den­se, pro­du­co­no onde gra­vi­ta­zio­na­li cap­ta­bi­li dagli inter­fe­ro­me­tri. Quan­do le due stel­le si avvi­ci­na­no pro­gres­si­va­men­te, la loro velo­ci­tà aumen­ta e con essa anche la fre­quen­za del­le onde gene­ra­te, che risul­ta mas­si­ma nell’istante che pre­ce­de la col­li­sio­ne. 

Più com­pli­ca­te da rile­va­re sono, inve­ce, le onde pro­dot­te dai siste­mi bina­ri di buchi neri, la cui fre­quen­za rima­ne pres­so­ché’ costan­te, per la len­tez­za di evo­lu­zio­ne del siste­ma.

Anche l’esplosione di super­no­ve può pro­vo­ca­re l’emissione, per pochis­si­mi istan­ti, di onde gra­vi­ta­zio­na­li ad alta fre­quen­za. 

Per­si­no l’esplosione pri­mor­dia­le che ha dato ori­gi­ne al nostro uni­ver­so, il Big Bang, risul­ta esse­re una del­le più impor­tan­ti fon­ti di onde gra­vi­ta­zio­na­li, le qua­li si mani­fe­sta­no come un “sot­to­fon­do” con­ti­nuo, per­si­sten­te da miliar­di di anni.

Come funziona l’interferometro di VIRGO?

L’interferometro di VIRGO è, in sé, un dispo­si­ti­vo appa­ren­te­men­te sem­pli­ce, ma di gran­di dimen­sio­ni. È for­ma­to da una sor­gen­te di rag­gi laser, un beam split­ter (un divi­so­re di fascio) e una serie di spec­chi in sospen­sio­ne, alcu­ni semi­ri­flet­ten­ti, l’ultimo com­ple­ta­men­te riflet­ten­te. Nel cor­po cen­tra­le una sor­gen­te pro­du­ce rag­gi laser che inci­do­no su uno spec­chio semi­tra­spa­ren­te, incli­na­to di 45 gra­di.

Lo spec­chio semi­tra­spa­ren­te non è altro che un beam split­ter, un divi­so­re di fascio, in gra­do di spar­ti­re equa­men­te il rag­gio laser in dire­zio­ne dei due brac­ci, riflet­ten­do­ne una par­te e lascian­do che l’altra pro­se­gua indi­stur­ba­ta. Al ter­mi­ne dei due brac­ci sono posi­zio­na­ti due spec­chi che riflet­to­no il rag­gio laser, in modo tale che i due “fasci di ritor­no” gene­ri­no un’interferenza di tipo com­ple­ta­men­te distrut­ti­vo. Ed è pro­prio qui che entra­no in gio­co le onde gra­vi­ta­zio­na­li. Come già det­to que­ste onde non sono altro che del­le modi­fi­ca­zio­ni del tes­su­to spa­zio tem­po, per­tan­to, quan­do si mani­fe­sta un even­to astro­no­mi­co di note­vo­le gran­dez­za (come l’esplosione di una super­no­va), la varia­zio­ne del­la distan­za, pari a 10-18 m, pro­vo­ca una mini­ma inter­fe­ren­za di tipo costrut­ti­vo, che vie­ne cap­ta­ta e inter­pre­ta­ta.

I risultati ottenuti da VIRGO sono sempre attendibili?

Come già det­to, le onde gra­vi­ta­zio­na­li pos­so­no esse­re mol­to com­pli­ca­te da rile­va­re, di con­se­guen­za per­si­no la mini­ma inter­fe­ren­za potreb­be fal­si­fi­ca­re i dati del rile­va­to­re. Al fine di incre­men­ta­re l’attendibilità dei valo­ri regi­stra­ti, i fisi­ci di VIRGO han­no mes­so in atto alcu­ne accor­tez­ze: pri­ma fra tut­te, il posi­zio­na­men­to di spec­chi sospe­si e super atte­nua­to­ri (un insie­me di pen­do­li ela­sti­ci), in gra­do di smor­za­re l’incidenza del­le onde sismi­che.

Un altro fat­to­re che potreb­be influen­za­re i dati è rap­pre­sen­ta­to dall’oscillazione ter­mi­ca del­le par­ti­cel­le che costi­tui­sco­no gli spec­chi, a tal sco­po gli spec­chi sono dota­ti di un siste­ma crio­ter­mi­co in gra­do di abbas­sa­re note­vol­men­te la loro tem­pe­ra­tu­ra. 

I successi di VIRGO

Nell’agosto del 2017, il rile­va­to­re pisa­no ha cap­ta­to, insie­me a due inter­fe­ro­me­tri sta­tu­ni­ten­si del pro­get­to Ligo, una quar­ta coa­le­scen­za di due buchi neri e una pri­ma coa­le­scen­za di due stel­le di neu­tro­ni. Il bilan­cio del 2019 è sta­to per VIRGO deci­sa­men­te posi­ti­vo: 

alcu­ne deci­ne di coa­le­scen­ze di siste­mi bina­ri regi­stra­ti dal­la sua fon­da­zio­ne. Tali even­ti, aggiun­gen­do­si al pri­mo segna­le gra­vi­ta­zio­na­le, rile­va­to negli USA nel 2015, dimo­stra­no l’intensa atti­vi­tà dei cor­pi che popo­la­no il nostro uni­ver­so e pos­so­no rive­lar­si uti­li, in futu­ro, per lo stu­dio del­la cosid­det­ta “mate­ria oscu­ra”

Gaia Zanot­ti