Wanda Díaz-Merced, l’astrofisica che ascolta le stelle

Fare l’astrofisico sen­za poter vede­re il cie­lo può sem­bra­re una con­trad­di­zio­ne, eppu­re è pos­si­bi­le. Wan­da Díaz-Mer­ced, scien­zia­ta por­to­ri­ca­na che a vent’anni ha per­so la vista, ha ela­bo­ra­to una tec­ni­ca, la soni­fi­ca­zio­ne, con cui si rie­sco­no a sen­ti­re le stel­le. 

È fin da quan­do è una bam­bi­na, quan­do insie­me alla sorel­la desi­de­ra­va visi­ta­re galas­sie lon­ta­ne a bor­do di una navi­cel­la spa­zia­le, che Wan­da desi­de­ra son­da­re ed esplo­ra­re il cie­lo. Per que­sto ini­zia a stu­dia­re Fisi­ca all’Università del Por­to Rico, ma nel pie­no dei suoi stu­di, a vent’anni, per­de la vista a cau­sa di una reti­no­pa­tia dia­be­ti­ca. 

Nel cam­po in cui lavo­ra con­sul­ta­re gra­fi­ci è fon­da­men­ta­le, per­ché è in que­sto modo che gli astro­fi­si­ci stu­dia­no la luce emes­sa dai lam­pi gam­ma (GBR), gli even­ti più ener­ge­ti­ci dell’universo. 

Esplosioni dai magneti più potenti del cosmo

Alcu­ni tra i lam­pi gam­ma han­no ori­gi­ne dal­le magne­tar, stel­le di neu­tro­ni il cui cam­po magne­ti­co è tre­cen­to­mi­la miliar­di di vol­te quel­lo del­la Ter­ra. Una magne­tar nasce a par­ti­re da una super­no­va: nel momen­to in cui la par­te inter­na del­la super­no­va col­las­sa sot­to il suo stes­so peso, la stel­la ini­zia a ruo­ta­re sem­pre più velo­ce­men­te, aumen­tan­do note­vol­men­te il suo cam­po magne­ti­co e atti­ran­do la mate­ria cir­co­stan­te ver­so il suo cen­tro.  Par­te dell’energia gene­ra­ta dal­la rota­zio­ne vie­ne cedu­ta alla mate­ria così che il cam­po magne­ti­co con­ti­nui a cre­sce­re: la super­no­va, che ormai si è tra­sfor­ma­ta in una in una magne­tar, nel momen­to di mas­si­ma ener­gia dell’esplosione è rile­va­ta come lam­po gam­ma. Nono­stan­te la por­ta­ta dell’energia che rila­scia, non è pos­si­bi­le osser­va­re un even­to del gene­re ad occhio nudo, ed è per que­sto che gli scien­zia­ti tra­du­co­no que­ste poten­tis­si­me esplo­sio­ni in gra­fi­ci di cui pos­so­no osser­va­re l’andamento. 

La sonificazione, come sentire le stelle 

Quan­do Wan­da diven­ta cie­ca si tro­va a spe­ri­men­ta­re in pri­ma per­so­na quan­to sia debi­li­tan­te per uno scien­zia­to per­de­re il sen­so di cui la qua­si tota­li­tà del­le osser­va­zio­ni e rile­va­zio­ni neces­si­ta­no. La scien­za si basa sull’osservazione dei feno­me­ni che ci cir­con­da­no, per que­sto pro­ce­de­re sen­za vista può risul­ta­re pro­fon­da­men­te inna­tu­ra­le a un pri­mo impat­to. Ma Wan­da non si sco­rag­gia tan­to facil­men­te, e per con­ti­nua­re a segui­re la sua pas­sio­ne tro­va un nuo­vo modo per osser­va­re le stel­le. Nota che la cur­va che descri­ve l’intensità dell’esplosione dei lam­pi gam­ma nel tem­po altro non è che una con­ver­sio­ne dei nume­ri in una trac­cia visi­va: gli stes­si nume­ri pos­so­no quin­di esse­re ricon­ver­ti­ti in suo­ni. Que­sto pro­ces­so, chia­ma­to soni­fi­ca­zio­ne, ha per­mes­so a Wan­da di approc­ciar­si alle sue ricer­che in modo com­ple­ta­men­te rivo­lu­zio­na­rio, e anche gli astro­no­mi veden­ti han­no ini­zia­to ad uti­liz­zar­lo per poter rica­va­re più infor­ma­zio­ni sui dati che stu­dia­no, andan­do ad ana­liz­zar­li da un pun­to di vista nuo­vo e diver­so.  Attual­men­te Wan­da lavo­ra in Suda­fri­ca, por­tan­do avan­ti i suoi stu­di per ren­de­re l’astrofisica una disci­pli­na più inclu­si­va. 

Lei stessa durante una conferenza ha rivelato: 

 <<Quan­do ho per­so la vista ho nota­to che non ave­vo acces­so alla stes­sa quan­ti­tà e qua­li­tà del­le infor­ma­zio­ni di un astro­no­mo veden­te. Ed è sta­to così fin­ché non ho intro­dot­to il pro­ces­so di soni­fi­ca­zio­ne, che mi ha rida­to la spe­ran­za di esse­re un mem­bro pro­dut­ti­vo nel cam­po. Ma l’accesso all’informazione non è l’unica area dell’astronomia dove ciò è impor­tan­te.

La situa­zio­ne è siste­ma­ti­ca e i cam­pi scien­ti­fi­ci non reg­go­no il pas­so. Il cor­po è qual­co­sa di modi­fi­ca­bi­le: chiun­que può svi­lup­pa­re una disa­bi­li­tà in qual­sia­si momen­to. Pen­sia­mo ad esem­pio agli scien­zia­ti che sono già all’apice del­la loro car­rie­ra, cosa suc­ce­de loro se svi­lup­pa­no una disa­bi­li­tà? Si sen­ti­ran­no sco­mu­ni­ca­ti come mi sono sen­ti­ta io? L’accesso all’informazione ci per­met­te di pro­gre­di­re. Ci dà ugua­li oppor­tu­ni­tà per mostra­re i nostri talen­ti e sce­glie­re cosa voglia­mo fare nel­le nostre vite, basan­do­ci su inte­res­si e non su poten­zia­li bar­rie­re. Quan­do dia­mo alle per­so­ne l’opportunità di ave­re suc­ces­so sen­za bar­rie­re, que­sto le por­te­rà ad una per­so­na­le rea­liz­za­zio­ne e ad una vita pro­spe­ro­sa. E pen­so che l’uso del suo­no in astro­no­mia ci stia aiu­tan­do a rag­giun­ge­re que­sto e a con­tri­bui­re alla scien­za. Men­tre altri pae­si mi han­no det­to che lo stu­dio di tec­ni­che per­cet­ti­ve allo stu­dio di infor­ma­zio­ni astro­no­mi­che non era rile­van­te per­ché non c’erano astro­no­mi cie­chi in quel cam­po, il Sud Afri­ca ha rispo­sto: “Voglia­mo che per­so­ne con disa­bi­li­tà pos­sa­no con­tri­bui­re in que­sto cam­po”.>>

Wan­da quin­di por­ta avan­ti una visio­ne del­la scien­za dirom­pen­te, dove la cono­scen­za non deve esse­re una pre­ro­ga­ti­va di poche per­so­ne, ma una risor­sa a cui chiun­que lo desi­de­ri pos­sa acce­de­re, per­ché, come lei stes­sa sostie­ne: “La scien­za è di tut­ti, appar­tie­ne alle per­so­ne e deve esse­re acces­si­bi­le a chiun­que, per­ché sia­mo tut­ti esplo­ra­to­ri natu­ra­li.”

Di Fran­ce­sca Mala­va­si